Aeternus
Aeternus
di Antonio Mazza
La clessidra del Tempo che filtra inesorabile lo scorrere dei giorni, gli anni, i secoli e con essi l’apparire e scomparire di popoli, culture, civiltà. Ombre si susseguono ad ombre, ma nulla si disperde perché ognuna lascia una traccia ed è un segno, positivo o negativo, inciso nella complessità della storia umana. L’antico resta sempre fra noi, una continuità che non è solo patrimonio della memoria collettiva quanto un retaggio di abitudini e comportamenti che, seppur definiti dal costume dei tempi, permangono, sono l’humus nel quale affonda le radici il nostro presente. Ed è questo lo spirito che anima “L’istante e l’eternità”, alle Terme di Diocleziano, promossa dal Ministero della cultura italiano e dal Ministero della cultura e dello sport della Grecia. Un grande evento espositivo organizzato dalla Direzione generale dei Musei e dal Museo Nazionale Romano, ideato e curato da Massimo Osanna, Stéphane Verger, Maria Luisa Catoni e Demetrio Athanasoulis, con il sostegno del Parco Archeologico di Pompei e la partecipazione della Scuola IMT Alti Studi Lucca e della Scuola Superiore Meridionale.
Cinque sezioni o capitoli che è come raggrumassero il corso del tempo per meglio scandirne quei momenti che si reiterano nel corso delle generazioni. Ed è subito l’attimo che cristallizza la nostra mortalità, con il calco delle due figure umane sepolte dalla cenere del Vesuvio, le membra contorte nell’ultimo spasimo. Ma intorno si celebra la vita che fu, nella realtà e nel mito, narrata in circa 300 magnifici reperti esposti nelle Grandi Aule che, nel 1911, ospitarono la Mostra Archeologica per il cinquantenario dell’Unità d’Italia (maestosi locali finora adibiti a deposito e riaperti per l’occasione: un evento nell’evento). Una serie di busti evocano simbolicamente il flusso di pensiero il cui seme è nel mondo greco-romano ma anche nell’incontro e fusione fra culture dell’area mediterranea. La filosofia con Socrate, l’arte del potere con Temistocle, la poesia con Saffo, la Storia che si sublima nel Mito ed è Omero che ci accompagna a “La fama eterna degli eroi”.
La guerra di Troia e l’esodo dei superstiti, un episodio che va oltre l’intrinseca drammaticità e, nel linguaggio mitico, assurge a un senso di universalità che trapassa le ère e giunge fino a noi. La violenza, l’amicizia, l’amore, la morte, il dramma della migrazione, al quale allude la testa di giovane africano raffigurata nella locandina di presentazione. Sono tappe del cammino umano qui scandito da opere notevoli come il sarcofago con le scene della presa di Troia, la gigantesca anfora con il giudizio di Paride del VII secolo a.C. , motivo che torna in un delizioso calamaio in ceramica di Faenza, 1500 (il Mito che permane come un eco nel tempo), il Ratto del Palladio, immagine sacra legata al destino di Roma, un torso del Minotauro del I secolo d.C., un superbo gruppo marmoreo di Leda e il Cigno del II d.C. E i vasi della tomba di Policoro, i cui cicli narrativi, da Polinice ed Eurinice a Zeus e Ganimede al supplizio di Dirce, ovvero corruzione, seduzione, vendetta, fioriscono nel Mito ma hanno un loro riscontro reale nel tempo umano. Perché nel Mito si confronta e trae forza la realtà storica, come lascia intendere il busto di Cosimo de’ Medici, simbolo del Potere, opera eccelsa di Benvenuto Cellini.
V’è un equilibrio superiore che tutto regola, “L’ordine del Kosmos” (capitolo 3), la vastità e il senso dell’eterno qui rappresentati dalla statua di Osiride Chonokrator (creatore del Tempo), II d.C. e il rilievo con l’effigie di Aion Phones generato dall’uovo primordiale e circondato dagli elementi dello zodiaco, II d.C. Motivo che ritroviamo in una tomba arcaica del materano, con Elena che viene partorita da un uovo, frutto dell’unione di Zeus con Leda. Collegato ai culti orfici è un segno di vita e di rinascita, il ciclo cosmico rappresentato anche da sfere armillari antiche (I d.C.) e più recenti (XVI secolo), un orologio solare a forma di globo, I-II d.C. e l’Omphalos al centro, asse del mondo (il santuario di Delfi) e, simbolicamente, centro dell’universo. La preziosa Tabula Chigi, I-II d.C., da poco acquisita nelle collezioni del museo nazionale Romano, con al centro Alessandro Magno, riconduce ad una dimensione umana, di guerre e conquiste ma anche di vita quotidiana. “Le opere e i giorni”, con testimonianze del periodo arcaico, come i modellini delle case e i vasi miniaturistici di Santorini, VI a.C. o parti dell’Anaktoron di Torre di Satriano con la grande sfinge acroteriale del VI a.C. E, risalendo nel tempo, statue, vasi nuziali, una cassaforte, un raro “pilentum”, carro nuziale scoperto di recente a Civita Giuliana e ricostruito con pezzi originali (magnifico il retro con rappresentazioni erotiche).
Brani di vita quotidiana come le lastre romane con raffigurazioni di botteghe, mercati, ludi gladiatori, ma accanto al paesaggio urbano dei vivi compare anche la città dei morti, la stele dauna del VII-VI, sarcofagi (di geometrica suggestione quello delle donne piangenti XIII a.C.), lastre tombali pestane con scene di corteo funebre, III a.C. E siamo nella fase ultima, “Umani, divini”, il punto di sutura fra terra e cielo, il momento rituale che conduce oltre l’apparenza mortale (come appare racchiusa nei tanti ex voto o nel ricco corredo della tomba di Baragiano). Dalle lamine auree orfiche alle iscrizioni cristiane, il percorso iniziatico che si riassume nelle statue sacre, come Iside, la dea madre, un guerriero nuragico da Cabras, X-VII a.C, la gigantesca Kore di Santorini, VII a.C., la statua di Eracles rinvenuta in uno scavo sulla Via Appia. Siamo in una sorta di interregno, fra il terreno, con la sua materialità pur sempre effimera (emblematico, in tal senso, il Tesoro di Marengo, II d.C., come affermazione di una prepotente fisicità), e lo scorrere inesorabile di Aion, l’eterno fluire del Tempo che tutto dissolve. E allora, aereo, fugace ma incalzante, ecco kairos, qui in un frammento di sarcofago del II d.C. L’attimo unico, la vita da afferrare nel suo immediato manifestarsi e rendere quell’attimo eterno, così che ogni atto e gesto abbia un significato. Ed è l’intelaiatura dove si tesse la storia umana, sempre eguale e sempre diversa, che questa mostra fortemente concettuale evoca in un percorso dove ogni cosa è allegoria di se stessa.
“L’istante e l’eternità. Fra noi e gli antichi” alle Terme di Diocleziano fino al 30 luglio. Da martedì a domenica h.11-19. Biglietto intero euro 17, ridotto 13 (+ 2 euro per prevendite online con prenotazione obbligatoria). Per informazioni www.museonazionaleromano.beniculturali.it
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