Aeneas. Viaggio nel Mito
Aeneas, il viaggio nel Mito
di Antonio Mazza
“Tu, padre mio, prendi gli arredi sacri, i patrii Penati”. E’ l’invocazione che nel II libro dell’Eneide, il principe dardano rivolge all’anziano genitore, mentre nelle strade di Troia infuria la strage per mano degli Achei. Ettore è morto, trascinato dal carro di Achille, Priamo è caduto accanto al suo corpo, ucciso da Pirro (“questa morte fatale lo rapì mentre vedeva Troia in fiamme”), e intorno è tutto un lamento di dolore. Così Enea, il padre Anchise sulle spalle e il piccolo Ascanio per mano, con una manciata di troiani scampati al massacro inizia il suo lungo esilio che finirà sul coste del Lazio. E qui, a Lavinium, da lui fondata, nell’Heroon che custodirà le sue spoglie, nasce e si consacra il Mito dove germoglierà l’immagine di Roma. Un viaggio che viene idealmente ripercorso all’interno del Tempio di Romolo al Foro Romano: “Il viaggio di Enea. Da Troia a Roma”.
Quella sensazione mista di curiosità ed ebbrezza che si prova andando alle radici della Storia, nella fattispecie Enea e il Mito, scoprendone la sacralità antica, qui in parte si rinnova osservando statue e oggetti che narrano appunto del Mito. Soprattutto, entrando, le figure in terracotta di offerenti, con sullo sfondo una copia della Minerva Tritonia, di epoca tardo-arcaica, V secolo a.C., una visione d’insieme che, oltre alla suggestione in sé, s’impone per la sua solennità rappresentativa. Che raggiunge il culmine nella statua del Palladio, anch’essa del V, di una bellezza barbarica e tuttavia con un che di ieratico, quasi di mistico. Era il simulacro di Atena (la Minerva romana), sceso dal cielo su Troia mentre Dardano, il fondatore della città, ne edificava il tempio. Atena protettrice ma Ulisse e Diomede rubarono la statua anche se la versione di Dionigi di Alicarnasso parla di copia mentre quella reale sarebbe stata portata da Enea a Lavinium (in seguito Numa Pompilio la sistemò nel Tempio di Vesta).
E’ presente anche un’altra immagine, piccola e in marmo, un bellissimo frammento del gruppo de “Il ratto del Palladio”, I secolo a.C.-I secolo d.C., dove la mano di Diomede serra saldamente la statua. Lo sguardo di Atena è fisso verso Ulisse, impedendogli così di uccidere Diomede che, per gelosia, vorrebbe essere lui a portare il Palladio. Il gruppo intero è nel museo di Sperlonga, qui figura solo un frammento, peraltro molto significativo, così come lo sono le statue arcaiche di terracotta provenienti dal museo di Lavinium. E significativi sono gli altri reperti che ripropongono visivamente il Mito dalle origini, come due vasi del IV secolo a.C., un “oinochoe” con il giudizio di Paride e una “lebete” con l’incontro fra i due alla presenza di Afrodite ed Eros. Siamo ora nel pieno della Storia, alla vigilia della caduta di Ilio, con un raro (e notevole) affresco pompeiano del I secolo a.C. che raffigura i troiani mentre trascinano il cavallo di legno all’interno delle mura. Sta per iniziare il massacro, evocato da due splendide ceramiche, un cratere apulo del IV secolo a.C. con la scena cruenta del cadavere di Ettore trascinato dal carro di Achille e un’anfora attica del VI con Enea, Anchise ed Ascanio in fuga dalla città in fiamme (Anchise invalido perché accecato da Zeus che non gli perdonava di aver svelato il suo amore con Afrodite, di cui Enea era il frutto. Una singolare bardatura di cavallo in bronzo ne rievoca la leggenda).
Inizia il lungo esilio, il vagare per il Mediterraneo alla ricerca de “l’antica madre”, come ad Enea rivela l’oracolo di Delo, Enea che custodisce in sé l’immagine dell’amico Ettore (lo vediamo in uno stupendo cratere apulo del IV secolo a.C. mentre si congeda dalla moglie Andromaca e dal piccolo Astianatte). Sette anni a solcare il Mediterraneo, incontrando pericoli e sfuggendo a incantesimi (le Arpie), lasciando un amore infelice sulle coste d’Africa (Didone), affrontando la discesa nel mondo degli inferi dove avviene l’incontro con il padre Anchise e, finalmente, approdando alla foce del Tevere. L’incontro con Lavinia, l’ira di Turno re dei Rutuli al quale era promessa, la battaglia e la morte di Turno (“…e la vita sdegnosa con un gemito fugge tra le ombre”, canto XII dell’Eneide). A ricordo dello scontro un raro affresco parietale del I secolo a.C. dove l’eroe troiano viene curato dal medico Iapige per la ferita alla gamba.
Il viaggio è terminato, “l’antica madre” attende Enea, il suo figlio spirituale, colui che ora dorme il sonno dei secoli nell’Heroon di Lavinium. Intorno, quasi a proteggerlo, il Santuario delle Tredici Are, e questo è il luogo dei Padri.
“Il viaggio di Enea. Da Troia a Roma”, al tempio di Romolo al Foro Romano fino al 10 aprile. Tutti i giorni ore 9,30-16. Biglietto intero euro 16 valido 24 h. Per informazioni parcocolosseo.it.
La mostra ideata e organizzata dal Parco Archeologico del Colosseo insieme all’Associazione Rotta di Enea ha avuto nel 20121 il riconoscimento dal Consiglio d’Europa che ha incluso la Rotta fra gli itinerari culturali certificati. Curatrice Alfonsina Russo, direttrice del Parco, con Roberta Alteri, Nicoletta Cassieri, Daniele Fortuna, Sandra Gatti.
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