Il Presepe degli Ultimi
Il Presepe degli Ultimi
di Antonio Mazza
Non molto tempo fa qualcuno parlava di “radici cristiane dell’Europa”, anzi, erano in molti a rivendicare con orgoglio tale discendenza. Questo provocò una certa polemica in quanto c’era chi auspicava una non confessionalità del vecchio Continente in nome di una visione storicistica più laica che non escludeva la prima ma, comunque, la metteva in secondo piano. E comunque il cosiddetto “cuore cristiano” dell’Europa c’era e pulsava, genericamente ben disposto verso i primi migranti che cominciavano a solcare le acque spesso infide del Mare Nostrum.
Per un po’, finquando la situazione si è complicata e ai fuggitivi dai mali endemici del continente africano (guerre intestine per sfruttare le immense ricchezze sul territorio, siccità nell’area sub sahariana, ecc.) si sono aggiunti altri problemi non meno drammatici. Il sanguinoso conflitto siriano, il terrorismo dell’Isis e, a peggiorare la situazione, l’Afghanistan ripiombato nell’oscurantismo talebano dopo venti anni di “libertà” importata dall’Occidente. Tutto è degenerato, i profughi sono diventati centinaia di migliaia e l’Europa ha improvvisamente scoperto che le sue “radici” non erano poi così salde.
E così, gradualmente, alle richieste di aiuto di una massa umana sofferente, che ha già reso il Mediterraneo un cimitero marino e ha cosparso la terra d’Europa di tombe senza nome, sono sorti muri e filo spinato. Manganelli, lacrimogeni e brutalità poliziesca spesso gratuita ai confini fra Bielorussa e Polonia, pure paese ultra cattolico, confinando i migranti in una terra di nessuno dove solo la “pietas” di alcuni samaritani (invisi alle autorità) riesce ad operare. E, altrove, barche affollate di donne, uomini e bambini fuggiti dai lager libici naufragano o vengono soccorse dal nostro paese dove ancora batte un “cuore cristiano” (con malcelata soddisfazione dell’Europa che promette aiuto e poi si distrae).
Questa è davvero la “cultura dello scarto” di cui parla papa Francesco ed eccola rappresentata emblematicamente nel presepe di Santa Maria dei Miracoli, in piazza del Popolo, ideato dal rettore padre Ettore Ceriani, dell’ordine dei Betharramiti (fondato nel 1835 da San Michele Garicoits a Bétharram, in Francia). Un presepe quasi stilizzato, con il Bambino al centro, ai lati la Madonna e San Giuseppe, dietro uno sfondo di migranti e anche intorno, ma più netti, per meglio far risaltare la loro umanità dolente. Poiché in questa Natività sono rappresentate “tante Sacre famiglie con bambini al freddo, senza cibo”, come ha specificato padre Ceriani. E una lanterna verde espande una luce soffusa, la luce della speranza, come quella che risplende nelle case dei volontari polacchi, in segno di solidarietà e promessa di asilo. Una luce che però brilla a intermittenza rischiarando a malapena un’Europa che, troppo coinvolta da altri problemi (covid, latente spirale inflazionistica), non ha -non vuole avere- tempo per scrutare in se stessa e scoprire le sue “radici cristiane”. Se ci sono ancora….
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