Pompeis, un puntino che figura accanto a Oplontis e Stabiae, nella parte della Tabula Peutingeriana che concerne il golfo di Napoli. E’ l’antica mappa del IV secolo d.C. ripresa in epoca medioevale e poi successivamente dall’umanista Konrad Peutinger, la rappresentazione del mondo allora conosciuto che, riprodotta in copia, introduce il visitatore alla mostra “Pompei 79 d.C. Una storia romana”. Un centro sannita importante già nel IV secolo a.C. che, con la sconfitta di Nocera, dalla quale dipendeva, diventa “civitas foederata” romana. E’ una colonia dove affluisce gente dall’Urbe ma la fusione con gli abitanti originari stenta a realizzarsi, come dimostra un affresco che descrive la rissa fra pompeiani e nocerini nell’anfiteatro nel 59 d.C. (episodio riportato anche da Tacito).
Al termine delle guerre sociali Silla vi stabilisce una colonia di veterani dell’esercito romano nominandola Cornelia Veneria Pompeianorum, con esplicito riferimento alla Venere pompeiana protettrice dei naviganti (in mostra una bella statua in terracotta). Nel frattempo la città si è espansa, divenendo un importante centro marittimo del Tirreno, con basi e scali anche nel vicino Oriente. E qui è davvero notevole, come documento dei traffici commerciali dell’epoca, una statuetta indiana in avorio che rappresenta la dea Lakshmi, la sposa di Visnù, ritrovata in una domus pompeiana (all’epoca fu giudicata pornografica e relegata nel Gabinetto Segreto del Museo Archeologico di Napoli).
Templi, anfiteatri, terme, la città, ormai municipium romano, acquista sempre nuovo splendore e lo testimoniano l’imponente statua di Esculapio e il mosaico dalla Casa del Fauno, con la raffinatezza del disegno, dove le tessere formano un quadro marino di grande suggestione. D’altronde Pompei, grazie alla sua posizione geografica, che favorisce gli interscambi non solo commerciali, è una città ricca, con personaggi importanti che ne accrescono la fama e la bellezza. Ed essi, per i meriti acquisiti, hanno diritto a monumenti che ne tramandino la memoria, come nel caso di Eumachia, benefattrice, o Marcus Holconius Rufus, mecenate, avendo restaurato con il fratello Celer il teatro cittadino. Sono due magnifiche statue, notevoli la prima per il panneggio e la seconda per il rilievo dato all’aspetto loricato del personaggio.
Interessante poi il susseguirsi degli stili, che hanno una progressione legata allo sviluppo urbanistico e sociale del centro campano. Il I stile è relativo alla pittura di tipo decorativo, ma siamo ancora agli inizi, 120 a.C. ed è con il II stile, architettonico, dalle finte prospettive e trompe l’oeil, e soprattutto, in epoca augustea, il III, ornamentale, che si configura la pienezza artistica di Pompei. Infine il IV, con Caligola e poi Nerone, impostato sull’illusionismo prospettico e uno splendido esempio ne è la parete in stucco della casa di Meleagro (quella figura femminile che socchiude la porta sembra un preludio all’illusionismo pittorico rinascimentale). Comunque tutti gli stili hanno trovano echi nell’Urbe, perché in fondo qui hanno la loro matrice originaria (per esempio la lastra fittile policroma con due fanciulle che ornano un betilo, simbolo di Apollo. Dal Palatino).
Ma direi eccezionale è un altro stile, l’arte plebea, come documento antropologico, perché rende possibile capire la vita spicciola del popolo, spogliandola di qualsiasi artificio che, viceversa, figura nell’arte ricca, concentrata soprattutto nelle domus patrizie. Così gli affreschi distaccati concernenti il lavoro in una fullonica, la tintoria dell’epoca, o una processione di falegnami, affreschi forse un po’ ingenui nel disegno generale e tuttavia quanto mai realistici nel descrivere una quotidianità fuori di qualsiasi retorica SPQR (in proposito ricordo che una fullonica ben conservata si trova ad ostia Antica).
Poi il cataclisma del 79 d.C. che trovò una città già ferita dal terremoto del 62 (un calco in gesso lo ricorda) e la Storia si ferma, per riaffiorare poi, in brani successivi, dal XVIII secolo in poi. E ancora riserva sorprese, come abbiamo visto anche di recente.
“Pompei 79 d.C. Una storia romana”, promossa dal Parco del Colosseo diretto da Alfonsina Russo con la collaborazione del Parco Archeologico di Pompei e del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (curata dal grande archeologo Mario torelli che purtroppo non ha potuto vederla). Fino al 9 maggio, dal lunedì al venerdì h.10,30-16,30. Biglietto euro 16, integrato (Foro Romano e Palatino) euro 24. Per informazioni www.parcocolosseo.it
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