Il libro quale oggetto di conoscenza, mezzo per crescere individualmente e collettivamente. Non a caso oggi, in questa fase di confusione socioantropologica, il tema viene sviluppato con una, diciamo così, solerte insistenza, peraltro positiva in quanto permette una penetrazione più capillare del tema stesso (i vari saloni del libro, la diffusione di centri di lettura, ecc.). E’ importante per un paese dove si legge poco e, di conseguenza, poco crescono in proporzione facoltà critiche ed autocritiche, quali vengono automaticamente indotte dalla lettura consapevole di un libro.
E allora, in questo fecondo momento tutto in divenire, ben si colloca una bella mostra in corso all’Istituto Centrale per la Grafica di Roma: “Pop-App. Scienza, arte e gioco nella storia dei libri animati dalla carta alle app”.
Il titolo è un po’ spiazzante, fa tanto pop-art, ma ciò che viene offerto al visitatore è assolutamente inedito e quindi decisamente godibile: “sfizioso” è il termine giusto. Perché non molto conosciamo dei libri animati, magari qualcosa che apparteneva ai nostri nonni, un genere con una precisa funzione didattica, di interazione (oggi la chiameremmo così) con l’opera in sé. Ed ecco, nella prima sezione della mostra, una gustosa selezione di libri destinati all’infanzia (fine ‘800-primi ‘900), con interventi che ne ampliano il significato, “leveraggi”, “a concertina”, “metamorfico”, “a dissolvenze”, “pop up” ed altro. E’ un modo di operare sul testo arricchendolo grazie ad espedienti di cartotecnica (aggiunta di fogli, dispositivi nascosti) che creano effetti anche di tridimensionalità.
Così “Red Riding Hood”, Cappuccetto Rosso, dove il tutto si apre a guisa di teatro, il libro di Pinocchio animato, quello sul giardino zoologico che si dispiega come una fisarmonica, il libro di immagini parlanti grazie ad una linguetta nascosta, un “Guignol” poliscenico, un “Cinderella”, Cenerentola, tridimensionale. Perlopiù si tratta di produzione inglese e francese metà e fine ‘800, talora di grande successo, come i “Paper toy theatres”, meno presente quella italiana (qui un “Gioppino in cerca di fortuna”con personaggi movibili e otto quadri a colori). E’ nella prima metà del ‘900 che si afferma nel nostro paese questo particolare genere per l’infanzia, con iniziative molto popolari come “Le fiabe di zia Mariù”, albi animati a cura di Luisella Terzi, molto apprezzati da D’Annunzio. Diffuse anche le serie squisitamente didattiche, tipo “L’aeroplano e il dirigibile”, due tavole a scomparti e sessantanove figure. Anche oltreoceano il filone ludico è ben coltivato, dal “Pop-up Book” ai personaggi di Disney, ma la radice del libro animato è molto indietro nel tempo e trae la sua linfa da un medioevo pre umanistico.
E’ quello del monaco benedettino inglese Matthew Paris e del maiorchino Ramon Lull, filosofo e mistico, che nei loro libri inserirono elementi mobili, in particolare Lull con le sue le “volvelle”, un sistema rotatorio (“rotulae”) che permetteva una sorta di correlazione con il lettore. Sistema poi divenuto regola, come nei “Libri di sorte”, condannati dalla Chiesa, finché l’affermarsi della carta stampata comporterà una maggiore diffusione del libro animato. Ed è la seconda sezione della mostra, la più suggestiva, perché documenta questa fase che ha inizio fra tardo medioevo e prima rinascenza. In esposizione testi dove l’importanza scientifica e la bellezza estetica si amalgamano creando una fascinazione unica, opere straordinarie quali il “Kalendarium” (1476) di Johannes Regiomontanus e l’ “Astronomicum Caesareum” (1540), di Petrus Apianus, dedicato a Carlo V.
E, avanti nel tempo, un altro capolavoro, “Astrologia, seu motus et loca siderum” (1613), di Ottavio Pisani, in onore di Cosimo II Medici, con la figura di Atlante al centro della sfera planisferica ed una serie di tavole mobili colorate a mano. Siamo in un’epoca in cui l’interesse scientifico è prevalente ed il libro animato si adegua, soprattutto per quanto riguarda lo studio del corpo umano e qui ben si adatta la scomposizione cartotecnica, come ad esempio in “De homine figuris (1662), di René Descartes, con il cuore mobile che disvela il suo interno, o in “Monstruorum historia memorabilis” (1609), di Johann Georg Schenck, immagine di un neonato dolicocefalo. L’uso del libro animato coinvolge anche il campo religioso, come dimostra un simpaticissimo “Confession coupée ou le method facile pour se préparer aux confessions particulières et générales” (1677), di padre Christophe Leutbrewer, dove l’uso delle linguette ritagliate serve come memento per l’esame di coscienza. E, in parallelo, il genere ludico, qui magnificamente rappresentato dal diorama di Martin Engelbrecht, “Caccia di corte in acqua” (1740).
Ci sarebbe anche da citare altri filoni narrativi, come l’alchimia ad esempio, ma meglio lasciare al visitatore la sorpresa per la scoperta di una dimensione poco nota le cui dinamiche animate sono oggi patrimonio della dimensione digitale. Da sottolineare quella sorta di basso continuo della mostra costituito dalle stampe scelte fra le collezioni del Gabinetto Nazionale e della Calcografia. Perché spesso le stampe sono fonte d’ispirazione del libro animato, vedi le “Carte del cielo” (1515), raffinate xilografie di Albrecht Durer modello di riferimento per mappe e globi celesti. O le tavole anatomiche di Luca Ciamberliano, Carlo Cesi, Charles Errard (di questi cito “Allegoria della Morte”, 1691, di macabro fascino). E altro ancora e tutto riconduce all’oggetto-libro: il libro come principio di Conoscenza.
“Pop-app. Scienza, arte e gioco nella storia dei libri animati dalla carta alle app”. Istituto Centrale per la Grafica, via della stamperia 6, fino al 30 giugno. Da lunedì a venerdì h.9-19, sabato e domenica h.9-14. Ingresso libero. Per informazioni 06699801 e www.grafica.beniculturali.it
Scritto da: Antonio Mazzain data: 27 maggio 2019.il20 giugno 2019.
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