Lugdunum, Gallia, 10 agosto a.C. Nasce Tiberio Claudio, figlio di Druso maggiore e Antonia minore, il futuro quarto imperatore romano della dinastia giulio-claudia ed anche il primo a nascere fuori del territorio italico. Ha dei problemi fisici, è “balbus”, balbuziente, e per questo viene tenuto ai margini della vita di corte, trascorrendo la giovinezza sotto Augusto e compiendo i suoi studi sotto Tiberio. Ha una buona cultura ma non gode di molta stima e solo con la morte violenta di Caligola cambierà il corso della sua vita. Saranno i pretoriani ad acclamarlo imperatore, vincendone i timori e la naturale ritrosia, come suggerisce una tela di metà ‘800 del francese Charles Lebayle, “Claude proclamé empereur”, dove appare quasi smarrito da tanto clamore.
Ed è un po’ questa l’introduzione a “Claudio Imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia”, in corso all’Ara Pacis, mostra promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con il Musée des Beaux-Arts de Lyon (e reperti da venti istituzioni, nazionali ed internazionali).
Un personaggio che seppe superare il suo disturbo del linguaggio imponendosi con la forza di carattere, una velata ironia ed una gran cultura, come conferma un’altra rievocazione, stavolta cinematografica. E’ il monologo interpretato dal grande Charles Laughton in “Io, Claudio”, film incompiuto tratto dall’omonimo romanzo di Robert Graves, che traccia il profilo di un uomo al quale si devono un’equilibrata politica all’interno del territorio ed una forte espansione nei confini dell’Impero. Ed il percorso nella sua non lunga ma fruttuosa gestione del potere nonché all’interno della dinastia giulio-claudia si snoda fra statue, reperti vari, calchi e passaggi multimediali che rendono più accessibile una materia peraltro complessa (non è facile districarsi nella politica dell’antica Roma, con il suo perverso intreccio di dinastie imperiali e congiure di palazzo). Ed ecco subito una bella statua di Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, salito al potere all’età di 50 anni, sposato quattro volte (ma solo due delle sue mogli finiranno nei libri di storia: Messalina e Agrippina).
Non mancano, ovviamente, i busti dei vari (tanti) membri della dinastia Giulio-Claudio, originali e calchi, e, nella folla di personaggi storici, spiccano il ritratto in bronzo dorato di Agrippina minore da Alba Fucens, colonia di diritto latino fondata dai romani agli inizi del IV secolo a.C. e un raro ritratto di Germanico, fratello di Claudio, di plastica bellezza, prestato dalla Fondazione Sorgente Group. Un altro prestito importante è quello del Kunsthistorisches Museum di Vienna, il prezioso cameo con il volto dell’imperatore che trascorse gli anni dell’infanzia nel palazzo del governatore di Lugdunum. Dal plastico in mostra si evince che era un complesso di grandi proporzioni ed anche sfarzoso, come risulta dai resti di affreschi del criptoportico. E proprio negli anni dell’infanzia di Claudio morì Germanico, forse per causa di veleno (fu sospettato Tiberio, il padre adottivo) e qui è esposta la Tabula Hebana, dal Museo della Maremma, tavola in bronzo commemorativa che stabilisce le regole per le onoranze funebri. Un’altra Tabula non meno importante è quella Claudiana, dove è trascritto il discorso di Claudio al Senato per la concessione della cittadinanza alla Gallia comata (dal Musée Gallo-Romain de Lyon Fourvière). Anche Tacito riporta negli “Annales” questa che, per l’epoca, era un’iniziativa assolutamente all’avanguardia.
Ma Claudio, nonostante il giudizio un po’ tiepido della Storia, era un imperatore molto attento alla res publica che amministrava con giudizio, realizzando infrastrutture utili alla città di Roma, dall’acquedotto che porta il suo nome (e che s’intreccia con l’Anio Novus a Porta Maggiore, vedi il plastico) agli horrea del grano e i magazzini di stoccaggio a Portus (che poi, insabbiatosi, venne ampliato da Traiano). A lui si deve anche l’espandersi del “limes” dell’impero, con l’annessione di cinque nuove provincie, in particolare la Britannia, conquista poi consolidata da Adriano con il famoso “vallum”. Piuttosto tollerante sul piano religioso non esitò a reprimere anche con violenza quando era necessario, rivelandosi però debole con le donne (e mogli) che più incisero nella sua vita, Messalina ed Agrippina.
La prima godeva a Roma di una pessima fama, adultera e prostituta per gioco, una ninfomane di cui parla Giovenale (“lassata, viris nondum satiata, recessit”), una figura della quale s’impadronirà soprattutto il cinema (alcune sequenze con Rina De Liguoro, grande attrice del muto, quale languida e smaniosa interprete dell’omonimo film di Enrico Guazzoni, 1923). Venne uccisa su ordine di Claudio (altra scena tutta enfasi e sguardi biechi da un film di Ferdinand Zecca, 1910) e una magnifica statua che la ritrae con Britannico bambino in braccio, dal Louvre, la rappresenta al meglio. Per Agrippina invece il discorso è diverso, in quanto lei, per favorire il figlio Lucio Domizio Enobarbo, Nerone, avuto con Gneo Domizio Enobarbo e poi adottato da Claudio, lo avvelenò (e Nerone, dal canto suo, si sbarazzò di Britannico, figlio di Claudio e legittimo successore al trono). Poi volle erigere un tempio in sua memoria sul Celio, il Templum Divi Claudi, le cui maestose rovine tramandano la memoria del quarto imperatore di Roma, protagonista importante di quella saga di luci e ombre che fu la dinastia giulio-claudia.
“Claudio Imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia” al Museo dell’Ara Pacis fino al 27 ottobre. Tutti i giorni h.9,30-19,30, biglietto euro 11 intero 9 ridotto. Integrato per Museo + mostra 17 intero 13 ridotto. Per informazioni 060608, www.arapacis.it e www.museiincomuneroma.it
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