Ottanta è un bel numero e, nel caso della Fabbrica dei Sogni romana, significa un accumulo stratigrafico di esperienze per immagini, cioè più di 3000 film realizzati fino ad oggi. Erede della gloriosa Cines di via Veio l’immenso complesso di 40 h. che si affaccia sulla via Tuscolana è stato ed è un laboratorio dove nel corso degli anni la società italiana si è rispecchiata in un fascinoso discorso parallelo di umori e sapori. Cinema come identità nazionale, nel bene e nel male, il tutto peraltro gestito in un spazio privilegiato perché qui converge il Triangolo dell’Immagine, ovvero l’Istituto Luce, fondato nel 1924 da Mussolini (ha celebrato da poco i 90 anni, l’articolo figura negli “eventi”), il Centro Sperimentale di Cinematografia, fondato nel 1935 dal futurista Anton Giulio Bragaglia e Alessandro Blasetti, e Cinecittà, voluta fortemente da Mussolini.
Una storia densa, di luci e ombre, il periodo dei film di propaganda fascista (ma con registi comunque di spessore, come Alessandrini o Genina), la guerra, la fase di riscatto con i film del “boom” economico ma anche del malessere che sfocerà nel ’68 e rincrudirà negli anni di piombo. Poi, dopo gli anni d’oro, con registi del calibro di Fellini, Antonioni, Pasolini, Monicelli e altri (e uno star system di tutto rispetto), quelli del Riflusso. Si produce comunque, realizzando film che sono emanazioni (tardive) della commedia all’italiana, ma sempre prosegue quel discorso parallelo sul costume nostrano, con punte qualitative che hanno meritato riconoscimenti internazionali. Ciò non impedisce una crisi strutturale all’interno di Cinecittà, crisi che oggi s’intende superare con il passaggio dalla gestione privata a quella pubblica ed un programma di ampio respiro. E tutto nel nome del grande Federico Fellini, del quale il prossimo anno si festeggia il centenario della nascita (sul piazzale interno di Cinecittà affiora dalla terra il mascherone che emergeva dalle acque di Venezia nel suo “Casanova”).
Rinnovamento, quindi, a cominciare dai 7 milioni di euro previsti per rilanciare gli studios e farli competere a livello internazionale. Ai 20 Teatri di posa se ne aggiungeranno 2 di cubatura maggiore di quelli esistenti e verrà ricostruito il Teatro 7, distrutto durante la guerra, con all’interno una piscina per riprese subacquee. Verranno aperti nuovi spazi inediti, come il MIAC, Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema, un’area polifunzionale che fungerà da memoria per immagini della storia del nostro paese (oltre ad essere anche laboratorio di conservazione e restauro). In progetto anche il “Cinecittà Game Hub”, la Casa dell’Industria del Videogame che si occuperà di ricerca e sviluppo, in senso qualitativo, di questo particolare settore del tempo libero. E poi, naturalmente, le nuove produzioni, come quella che inizierà a gennaio, “Il nome della rosa” di Umberto Eco nella sua versione televisiva, per la regia di Giacomo Battiato e con due attori di fama internazionale, John Turturro (Guglielmo da Baskerville) e Rupert Everett (Bernardo Gui, l’inquisitore). All’orizzonte anche la nuova serie di Paolo Sorrentino, “The New Pope”.
Partner importante la Rai ma il coinvolgimento è più ampio, dalla Netflix (“Suburra”) al prossimo arrivo della Paramount, con un incremento produttivo che rimanda ai tempi aurei. E basta fare un giro per la Firenze del ‘400 o la Roma antica della serie coprodotta da Rai fiction, HBO e BBC, con le strutture ancora montate. Queste ultime, in vetro resina, legno, colla e cartone pressato sono lì, imponenti e così precise nei dettagli che pare di tornare indietro nel tempo ed è davvero suggestivo passare dalle ricostruzioni medioevali a quelle SPQR, con l’alternarsi di tabernae, porticati, archi trionfali, templi. Miracoli della scenotecnica, di cui abbiamo avuto ottimi maestri, come Antonio Valente, che progettò il Centro Sperimentale nonché l’itinerante “Carro di Tespi”.
Cinecittà come un’impresa culturale ormai a pieno ritmo, che dà lavoro a 250 persone, con un piano di investimenti per il periodo 2018-2022 di oltre 37 milioni di euro. E’ previsto un ricavo di budget 2018 di 46 milioni di euro, di cui il 60% autofinanziato da attività commerciali (affitti teatri di posa, eventi, produzioni). Insomma una bella prospettiva dopo gli anni di crisi, nella quale ben s’inserisce l’anniversario di Federico Fellini. Oltre al restauro e ristampa in pellicola e in digitale della sua opera omnia verrà promossa una retrospettiva che valicherà i confini nazionali (in cartellone Los Angeles nell’anno dell’inaugurazione del Nuovo Museo dell’Academy realizzato da Renzo Piano). E poi, dal gennaio 2019, incontri, proiezioni, masterclass per analizzare in toto il suo mondo fantastico e come lo ha tradotto per immagini, coinvolgendo anche le scuole. Un doveroso omaggio ad un grande Maestro non solo del cinema italiano ma mondiale.
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