In onore di San Giacomo
Giacomo di Zebedeo, fratello di Giovanni, uno dei Dodici Apostoli, che subì il martirio sotto Erode Agrippa. Il suo corpo, secondo la “Legenda Aurea” di Jacopo da Varagine, venne portato dai discepoli nel nord della Spagna, in Galizia. Qui, nel luogo della sepoltura, si verificarono vari prodigi e la zona venne chiamata Campus Stellae, il Campo della Stella, poi divenuto Compostela quando fu eretto il santuario, nel 1075. E da allora divenne mèta di pellegrinaggio, il Camino de Santiago, una delle tre direttrici della “peregrinatio” medioevale (con Roma e Gerusalemme).
Come ogni anno, nella Basilica di San Giacomo in Augusta, si celebra la festa dell’Apostolo, le “giornate jacopee”, dove arte e fede s’incontrano. Il risultato è di grande suggestione perché i quattro appuntamenti musicali con la Cappella Musicale di San Giacomo diretta da Flavio Colusso (Silvia De Palma voce recitante) lasciano sempre il segno, nel senso che incidono “dentro” per la loro forte valenza spirituale. E lo si constata subito nella prima giornata, con “Le Opere di Misericordia”, composte da Colusso per il Pio Monte della Misericordia di Napoli. Qui, nella chiesa a pianta ottagonale, si trova la magnifica tela del Caravaggio (insieme ad altre di Scuola Napoletana e Luca Giordano) e ad essa si ispira “Labyrinthus”, esercizio spirituale concertato sull’esacordo del cielo (ma è anche un allegorico citare il simbolo medioevale del pellegrinaggio), dove i vari “capitoli” della pratica della pietà trovano nella vox humana, sia recitato che canto, e negli interventi strumentali quella stessa vibrazione che anima ill messaggio evangelico.
“Avevo fame”, “Avevo sete”, “Ero pellegrino”, “Ero nudo”, “Ero malato”, “Ero carcerato”, “Ante sepulchrum”. Ed è un procedere fra sommesso e solenne, voce-musica come una sola preghiera che resta sospesa nella sua richiesta di abbandono, perché tale è andare verso l’altro: uscire da sé disposti non a chiedere ma a dare. E tutto questo nella chiave tipica di Colusso, cioè un “melos” denso ma fluido, che attinge alle radici della musica sacra (in certi momenti mi fa pensare a Hildegard von Bingen, la grande mistica benedettina). “Austeramente semplice e sobrio”, nota Claudio Strinati ed è un giudizio quanto mai condivisibile: è davvero l’esacordo del cielo.
Fra i vari “capitoli” s’inserisce quella struggente voce dell’anima che è l’organo, con un ricercare di Colusso e del grande Frescobaldi, i suoi famosi “Fiori musicali”, che il giovane Andrea Buccarella esegue con mano felice. Un tocco sicuro, che si ritrova nella seconda giornata, ancora Frescobaldi (“Capriccio sopra la Bassa Fiamenga”), Maurizio Cazzati , poco noto e poco eseguito (a torto perché la “Suite” in programma è assolutamente deliziosa), Alessandro Scarlatti (una bella “Fuga”), Michelangelo Rossi (sorprendente la Toccata VII per il finale che sembra scritto nel ‘900 anziché nel ‘600), Bernardo Pasquini (le sue Toccate e Variazioni sono sempre godibilissime). E, naturalmente, il gregoriano, che permea la terza giornata, con i Primi Vespri Solenni della Festa di San Giacomo.
Qui il clima già sul contemplativo delle precedenti giornate è come rarefatto nella limpida purezza del gregoriano. Responsori, antifone, salmi, una dolcezza e serenità claustrale che ben si addicono allo spirito della “peregrinatio” jacopea. E poi, naturalmente, Frescobaldi, questo grande maestro della musica italiana del XVII secolo, che influenzò anche Bach (la sua arte del “ricercare” è alla base dell’arte della fuga bachiana). Che ritorna nell’ultima giornata, la famosa “Toccata delli Apostoli”, insieme ad altri grandi, Palestrina (un bel “Kyrie”) e Carissimi, il padre dell’oratorio (“O dulcissimum Mariae Nomen” e “Panem celestem”). E, nella funzione conclusiva del Triduo, alcuni momenti della “Missa Sancti Jacobi”, di Flavio Colusso, dal raccolto pathos religioso.
Toccante la chiusura, “Ensalcemos al Apostol”, in antico galiziano, nello stesso idioma delle “Cantigas de Santa Maria”, il magnifico “corpus” di canti medioevali raccolti ed in parte scritti da Alfonso X il Saggio. Canti di devozione mariana che accompagnavano i pellegrini sulla strada di Compostela e, sulle ultime note, la benedizione di Mons.Gianrico Ruzza, vescovo ausiliario della diocesi di Roma Centro, ai partenti per Santiago. E qui, come sulla Francigena, vanno credenti e non credenti, “tiepidi” ed atei assoluti, accomunati dal senso della “ricerca”, il pellegrinaggio come un cammino soprattutto interno. Perché c’è un grande bisogno di ritrovarsi in questo mondo che sembra non aver più alcun punto di riferimento.
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