Sull’ “Itinerario di Roma” del 1865, di Antonio Nibby, all’elenco “trattorie” viene citata quella del Lepre, via Condotti 81, “ivi si mangia a prezzi di lista, assai moderati: questa trattoria è frequentata dagli artisti”. Era il punto di ritrovo dei pittori russi, insieme ad un’altra trattoria non meno importante, quella del Falcone (“ivi si cucina all’uso romano”) e, ovviamente, il Caffè Greco, dove convergeva la variegata internazionale degli artisti, europei e non. Ne parla Nikolaj Gogol, che a Roma, in via Sistina, scrisse “Le anime morte”, il suo capolavoro incompiuto (e una lapide ne tramanda il ricordo).
E’ la Roma dell’800, la Roma ancora tappa privilegiata del Grand Tour, dove spesso i viaggiatori d’Oltralpe si stabiliscono e trovano ispirazione, la Città Unica dove il Tempo sembra avere un codice tutto suo. I russi sono fascinati da questo particolare paesaggio dove un titanico rovinismo di sapore piranesiano fa da sfondo ad un’umanità che ha impresse nel corpo e nell’anima le stigmate della Storia. Inoltre già esiste un legame con la cultura italiana, l’edificazione di San Pietroburgo in chiave palladiana da parte di architetti nostrani (Quarenghi, Rastrelli,Trezzini) e, dunque, si crea come una sorta di continuità ideale. E questa viene narrata in “Solo Italia”, mostra al Gabinetto Nazionale delle Stampe di Roma, una sintesi di disegni dal ‘700 ad oggi provenienti dalla Galleria Statale Tretyakov di Mosca, Fondazione Sergei Tchoban, Museo del Disegno Architettonico di Berlino e Istituto Centrale per la Grafica di Roma.
Oltre settanta opere relative all’Urbe ma non solo, l’Italia percorsa nei suoi angoli più intimi, pur se il fulcro principale resta Roma e la sua gente. “Architettura e paesaggio culturale”, è l’altro titolo della mostra, l’una che integra l’altra e viceversa, in un complesso quanto fascinoso rapporto simbiotico. Così la veduta del Tempio di Adriano, di Thomas de Thomon, all’epoca la Dogana pontificia, invisa a Stendhal (“…lì è costretto a far tappa l’infelice straniero in arrivo” e, ancora, “vi consiglio di fermare sorridendo un doganiere offrendogli un paolo”). O scorci romani come Trinità dei Monti, di Alexei Petrovich Shabanov, e il panorama dal Pincio di Maksim Nikiforovich Vorobiov, con un che di geometrico il primo quanto intimistico il secondo. O interni di palazzi, come il cortile di Palazzo Farnese, di Aleksandr Pavlovich Brjullov e i Musei Vaticani, di Ludvig Osipovich.
Dalle splendide vedute del Canaletto (la chiesa veneziana dei gesuiti e Porta San Paolo a Roma) all’esplorazione dell’antico, con le rovine dei templi di Paestum e il Foro Romano, di Alexsandr Andreevich Thon, dal segno molto delicato (soprattutto il Foro e, a questo proposito, notevole è la veduta aerea di Pierre François-Léonard Fontaine). E, naturalmente, non mancano i capricci, a cominciare da Panini e Piranesi, proseguendo poi con Thomas de Thomon e Semen Fedorovich Scedrin, il fascino delle rovine inserite nel paesaggio. E a proposito del Panini notevole, soprattutto come documento d’epoca, la veduta di via del Corso con lo “struscio” delle carrozze nei due sensi di marcia (notare la lite perché un legno è venuto contro mano e, al centro, una carrozza preceduta dai mazzieri in corsa. Un personaggio importante, che non può incolonnarsi come gli altri: uno che anticipa di qualche secolo le auto blù).
Spiccano poi gli acquerelli di Vassiliy Ivanovich Surikov,San Pietro, il Colosseo, Pompei, la cui pastosità cromatica sembra aver assorbito la particolare luce romana ed italica, mentre più smorzati ma comunque incisivi risultano i toni di Aleksandr Nikolaevich Benois (vari scorci di San Pietro, una densa vista del Campidoglio ed un’ariosa puntata a Villa d’Este). E ormai siamo entrati nel ‘900, i pittori russi amano l’Italia e lo dimostrano, fra gli altri, i lavori di Anna Petrovna Oustroumova-Lebedeva (da Venezia a Roma), Ivan Aleksandrovich Fomin (interessante l’immagine che fissa il colossale cantiere in opera per il Vittoriano), Fedor Semionovich Bogorodskiy, Aleksandr Mikhailovich Gerasimov (due magnifiche vedute dell’interno del Colosseo e di Ponte Vecchio a Firenze), Evgenij Adolfovich Kibrik, Teymour Oglu.
Da un altro documento d’epoca, “La Valle dell’Inferno” (1930), di Diego Pettinelli, la Valle Aurelia dove un tempo erano le fornaci (e ne resta un troncone) ad una Roma del 2000, ripresa con un piglio minimalista da Maxim Borisovich Atantyas, Piazza del Popolo (toni uguali per la colonna Traiana). Ma la summa di tutto nonché manifesto programmatico, inteso come rapporto antico-moderno, è nei “capricci” di Sergei Enverovich Tchoban, il Foro e piazza Venezia, dove il retaggio del rovinismo piranesiano calato nella spettacolarità e teatralità della Roma barocca si coniuga con il plastico divenire della città futura. Le sue proiezioni nel tempo, il magico tempo di Roma.
“Solo Italia. Architettura e Paesaggio Culturale. Disegni dal Settecento ad oggi”,
Istituto Centrale per la Grafica, museo Didattico, via della Stamperia 6,
fino al 25 settembre, da lunedì a sabato h.10-19,
ingresso libero. Per informazioni www.grafica.beniculturali.it
Scritto da: Antonio Mazzain data: 29 maggio 2016.il5 giugno 2016.
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