L’Ambulacro Gregoriano e la Galleria dei Candelabri
Scrigno davvero prezioso quello dei Musei Vaticani, un maestoso ed immenso tempio della Bellezza visitato ogni anno da quasi sei milioni di turisti di ogni parte del mondo. Ovviamente la Cappella Sistina, che poi è il cuore del complesso per il suo significato non solo artistico ma religioso, risulta il punto nevralgico in quanto a presenze. E’ giusto che sia così, luogo unico nonché simbolo di fede ma la visita per molti si limita alla Sistina, magari aggiungendo le Stanze di Raffaello e qualche altro ramo dei Musei. Ed è un errore, perché qui, anche gli aspetti chiamiamoli così – ed impropriamente – “minori” hanno comunque una loro intrinseca bellezza, forse meno spettacolare della Sistina o delle Stanze ma comunque degna di attenzione.
Prendiamo ad esempio due Gallerie da poco restaurate, quella delle Carte Geografiche e quella dei Candelabri. Entrambi collegano i Palazzi Vaticani alla Cappella Sistina, sono un punto di passaggio obbligato per i visitatori, passaggio che, nel tempo, ha contribuito al già visibile degrado delle superfici pittoriche ed a stucco (il calore corporeo). Tre secoli separano le decorazioni di una Galleria dall’altra, le Carte edificata da Ottavio Mascherino nel 1578 e fatta affrescare da Gregorio XIII nel 1580, i Candelabri, costruita nel 1761 ed originariamente loggia aperta che Pio VI fece chiudere e Leone XIII abbellì nel 1883. Alcuni anni di lavoro e l’intervento di sponsor hanno permesso di fermare il degrado restituendo entrambe le Gallerie alla loro originaria bellezza.
Gregorio XIII Boncompagni volle la rappresentazione geografica dell’Italia, divisa in riquadri, ed affidò la stesura dell’opera al domenicano Egnazio Danti, matematico e cartografo. Egli rappresentò la Penisola in 40 carte, chiamando pittori già noti nell’àmbito romano, come Gerolamo Muziano, Cesare Nebbia e i fiamminghi Paul e Mathias Brill. Ma l’intero ciclo era anche finalizzato alla glorificazione della Chiesa, che qui figura allegoricamente come autorità superiore ed unificatrice, secondo la visione di papa Gregorio, persona colta e riformatrice (il famoso “Calendario Gregoriano”). “Italia totius orbis regio nobilissima” reca un’iscrizione che introduce a questa fascinosa Italia stilizzata, ad occidente le regioni tirreniche, ad oriente quelle adriatiche.
Mappe molto accurate dove risaltano le regioni con i rilievi montuosi, i borghi, i fiumi, le città, queste ben delineate (assolutamente precise e in scala Venezia, Roma, Napoli), i porti (Genova, Ancona, Civitavecchia, lo scalo pontificio). A ricordare il senso ecclesiocentrico del ciclo i riquadri con l’assedio di Malta e la battaglia di Lepanto, che sancirono la sconfitta dei turchi frenandone l’espansionismo nel Mediterraneo e, soprattutto, nel soffitto, la Provvidenza che vigila sulle umane cose. Ma l’intero ciclo dell’Ambulacro Gregoriano venne realizzato in tempi troppo brevi e già dopo qualche anno si dovette intervenire, prima Sisto V poi Urbano VIII, che commissionò al geografo ed umanista Luca Holstenio altri due riquadri, “Italia Antiqua” ed “Italia Nova”, inserendo nel tutto le api barberine. Col tempo, come già detto, è avanzato il degrado e l’intervento ha visto sedici restauratori impegnati su una superficie di 1200 metri quadri, impegno complesso essendo la pittura all’80% a secco (per non parlare degli stucchi romani delle cornici).
I risultati sono eccezionali, perché ora Latium et Sabina, Calabria Ulteriore et Citerior, Sardinia, le città, gli spunti allegorici, il lato decorativo, insomma tutto risplende di nuova vita rendendo la Galleria delle Carte Geografiche un “unicum” di grande fascino che il visitatore non può assolutamente ignorare (già Montaigne nel suo “Voyage en Italie” esprimeva ammirazione). E altrettanto dicasi per la Galleria dei Candelabri, all’inizio aperta e poi fatta chiudere da Pio VI, la cui decorazione Leone XIII affidò ad Annibale Angelini, Domenico Torti e Ludovico Seitz. Il tema principale era sempre la centralità della chiesa ma in una prospettiva di apertura ai tempi nuovi perché se, dopo il 1870, Pio IX si era autoesiliato, Leone XIII seguiva una politica più morbida ed attenta al nuovo ordine sociale (la “Rerum Novarum”, enciclica che sancì la nascita del sindacalismo cattolico).
Risulta simbolica, quindi, nel riquadro iniziale che raffigura le Belle Arti benedette dalla Religione (autori Angelini e Torti) la presenza di una macchina fotografica (Leone XIII fu il primo papa ad essere ripreso dal cinema: vedi i filmati su youtube). Segue poi l’allegoria della Storia (ancora Angeli e Torti) ma il lavoro più denso e seducente dal punto di vista figurativo è quello di Seitz. Nella primo riquadro della campata San Tommaso (papa Leone aveva rilanciato gli studi tomistici) offre le sue opere alla Chiesa, ai lati l’armonia della Scienza e della Religione e l’accordo fra arte pagana ed arte cristiana. Nel secondo riquadro il Santo come vincitore degli eretici e, ai lati, il trionfo del Rosario e l’apoteosi del lavoro. Immancabile, poi, la battaglia di Lepanto il tutto con un linguaggio pittorico che parte dalla semplicità dei Nazareni (Seitz si era formato alla scuola di Overbeck) per lambire le raffinate atmosfere dei Preraffaelliti (d’altronde questi sono gli eredi spirituali di quelli).
Attraverso le immagini (più o meno stilizzate) per migliaia di anni si è parlato, comunicato, tramandato storia e cultura. POI è venuta la parola scritta, che ha complicato la comprensione e ha diviso il popolo in colto ed ignorante, perchè l’immagine la comprendono tutti la parola No.
Centro di comunicazione non verbale dove tutti possono leggere attraverso immagini (che solo oggi, sono importanti più per gli autori delle stesse che non per il messaggio rappresentato) guarda caso è un MUSEO , e, guarda caso non c’è BIBLIOTECA al mondo che ha un numero di visitatori neanche lontanamente paragonabile –
VI DOMANDATE IL PERCHE’ ???
Uua immagine vale più di mille parole -