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Operazione antiche dimore

Quando in redazione arrivano i comunicati del MIBACT, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che convocano una conferenza stampa presso la Caserma La Marmora in Trastevere, dove ha sede il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, so per certo che sarà un appuntamento con la Bellezza.

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E’ il risultato del magnifico lavoro che questo corpo scelto dell’Arma dei Carabinieri compie in giro per il mondo stroncando il traffico di opere d’arte che, oltre ad impoverire il nostro patrimonio culturale, ferisce la nostra storia e, quindi, la nostra identità. E, infatti, anche questa volta è stato un incontro di grande interesse, perché i beni recuperati sono di eccezionale valore archeologico (e anche monetario, ben 9 milioni di euro).
Migliaia di pezzi che giacevano da anni nei caveau del Porto Franco di Ginevra (in genere il materiale proveniente da scavi clandestini o furti viene fatto “decantare” finché cessa il clamore) che le indagini avevano stabilito essere di illecita esportazione. Un tempo la Svizzera era il paradiso per i trafficanti d’arte poi, con gli accordi sottoscritti nel 2006 fra gli allora ministri della cultura elvetico (Paul Couchepin) e italiano (Francesco Rutelli), si è finalmente voltato pagina. Così la rogatoria internazionale della Procura della Repubblica di Roma è stata accolta dall’A.G. svizzera e si è provveduto al sequestro di un autentico tesoro frutto di razzìe in Etruria meridionale, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia.

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Ben 45 casse e un tir per trasportarle, una mole immensa di materiale di cui, per ragioni di spazio, nei locali della Caserma è stato mostrato alla stampa solo il 50% , ma più che sufficiente a rivelare la bellezza e l’importanza storico-artistica dell’insieme. Girare fra i pezzi integri o da ricostituire (spesso, soprattutto i vasi, vengono fratturati scientificamente dai tombaroli stessi, per facilitare il commercio clandestino) è davvero un spettacolo, perché ogni minimo frammento è di una qualità che lascia stupiti. Evidentemente tutto questo materiale, che copre un arco di tempo fra il VII secolo a.C. e il II d.C., è stato forgiato da mani di abili artigiani che lavoravano in botteghe di primo ordine (e quelle etrusche erano rinomate).
Ed è davvero uno spettacolo unico. Centinaia di frammenti parietali di varia grandezza, con motivi geometrici, figure di animali, volti di uomini e sagome di guerrieri, il tutto messo in risalto da sapienti effetti cromatici per nulla scalfiti dalla patina del tempo. E lo spettacolo continua con due sarcofagi etruschi dei quali colpisce soprattutto quello maschile, per il realismo con il quale è rappresentato il volto del defunto. Ancora, proseguendo nella visita, una miriade di reperti di ottima fattura, spesso frammentati, e c’è davvero di tutto: un sarcofago romano, testine in marmo di varia provenienza, crateri attici, ceramiche etrusche ed apule abbellite da scene mitologiche. Ma il culmine, quello che ha dato il tocco finale, di eccezionalità, all’intera operazione di recupero, è in tre lastre affrescate che rivestivano una tomba.

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In quella di destra compare una figura a cavallo ed un’altra le è di fronte, ma l’insieme risulta sbiadito e, quindi, poco leggibile, mentre quella di centro è molto nitida. Anche qui una figura a cavallo che punta la lancia contro un guerriero a piedi, già ferito alla coscia dalla quale fuoriesce un fiotto di sangue. Rappresentazione realistica al pari dell’ultima lastra, affollata di figure che sembrano alludere al commiato del defunto. L’uomo in piedi, probabilmente un personaggio importante perché regge la corona di lauro, stringe la mano a Mercurio, dio psicopompo, cioè che accompagna le anime nell’oltretomba. Dietro di lui un fanciullo regge il suo cavallo, forse approntato per l’ultimo viaggio.
E questo (una parte) è il magnifico tesoro recuperato dopo lunghe indagini dai Carabinieri, un altro “colpaccio” ai danni del mercato clandestino di opere d’arte. Ormai il nucleo Tutela Patrimonio Culturale è rinomato non solo da noi ma in tutto il mondo per l’abilità e la competenza con la quale riesce ad inserirsi in quella perversa catena tombaroli-trafficanti-mercanti-collezionisti che per decenni ha saccheggiato il nostro immenso (e perciò vulnerabile) patrimonio artistico. Ora, per fortuna, qualcosa sta cambiando, grazie anche ad una maggiore consapevolezza degli italiani riguardo l’arte (e il paesaggio). Importante poi il concetto della banca dati che per il Comando TPC è un dato fondamentale per la lotta al traffico d’arte e i risultati eccoli, in questo centro vivo di operatori culturali in divisa che è la Caserma La Marmora.

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