Era l’antica via dei Longobardi che, nel 725, viene menzionata nell’Itinerarium Sancti Willibaldi con il nome di Iter Francorum, Via dei Franchi. Poi, nell’876, in una pergamena conservata nell’Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata, si parla per la prima volta di Via Francigena. E, un secolo dopo, nel 990, l’Abate Sigerico traccia le tappe del suo itinerario da Canterbury a Roma, lungo quell’asse che, nei secoli, diverrà punto di passaggio per migliaia di pellegrini diretti al sepolcro di Pietro.
Insieme al Camino di Santiago la Francigena costituiva una delle principali rotte dei percorsi devozionali europei ma, nel tempo, mentre il Camino non ha subìto grosse alterazioni, per la Francigena è stato il contrario, soprattutto in Italia, causa la forte antropizzazione del territorio. E tuttavia, dal giubileo del 2000 ad oggi, molto si è fatto per ripristinare gli antichi percorsi dei “romei” e molto ancora bolle in pentola, per così dire, come si deduce dal programma della V Edizione del Festival delle Vie Francigene.
Al plurale, perché la rete viaria del pellegrinaggio medioevale era molto estesa e gli itinerari si collegavano l’un l’altro, intersecandosi in vari rami (come la Romea germanica che confluiva nella Francigena). E proprio questo, l’integrazione dei cammini, è stato il cuore dell’incontro, “Via Francigena Collective Project 2015: “Culture e Colture dei paesaggi”. Il senso del pellegrinaggio, metafora del nostro viaggio terreno, è ricerca, religiosa o laica che sia e questa, necessariamente, riguarda quanto incontriamo sul cammino. Perché tutto può diventare motivo di conoscenza e crescita interiore, come nel caso nostro, dove si può prendere spunto dagli eventi in programma, che mirano ad un recupero di valori in forza di quella solidarietà che si stabilisce fra quanti praticano il pellegrinaggio (e chi ne ha fatto esperienza può testimoniarlo).
Il ripristino dei vari tratti della Francigena italiana è funzionale ad un turismo lento, un turismo itinerante alternativo a quello convulso del tutto compreso e della nevrosi fotografica con “selfie” di contorno. E’ un turismo i cui ritmi li stabilisce il corpo, ma anche un turismo che si vive con la mente, due aspetti complementari ben rappresentati in questa V Edizione. Infatti, oltre alle tante manifestazioni culturali (e alla scoperta o riscoperta delle bellezze che lungo il tratto italiano della Francigena sono molte) v’è il lato gastronomico legato al territorio, che significa -ovviamente nell’ottica del pellegrinaggio- convivialità. E’ lo stare quindi insieme in una visione comune, religiosa o laica che sia, che costituisce il senso vero e profondamente umano dell’andare in pellegrinaggio, evidenziato da tutti gli interventi di presentazione del programma 2015 tenutosi presso l’Associazione Civita.
Tanti, impossibile citarli tutti, perché il contributo alla riuscita del Festival riunisce Regioni, Comuni, Fondazioni, Associazioni ed ognuno di essi traccia come un segmento essenziale: un tassello per formare il mosaico complessivo. Così, ne cito alcuni, l’Assessorato Cultura e Turismo Comune di Piacenza, punto di passaggio della Francigena (e non lontano è Fidenza con il suo splendido duomo al cui esterno figurano bassorilievi con i pellegrini in cammino), o quello toscano, che sul percorso situa le cartiere come luogo della memoria. Il Fai e la sosta nella bellezza (dal Bosco di Francesco a Villa Gregoriana riscattata dai tempi in cui era ridotta a discarica), e la Puglia, dove un ramo la Francigena sud portava i pellegrini verso il santuario di Monte Sant’Angelo e di qui ai porti dove s’imbarcavano per Terra Santa. E, ancora, come manifestazioni di contorno, convegni sullo sviluppo ecosostenibile (e il pellegrinaggio in fondo lo è, camminare non inquina), concorsi per videomakers e fotografi-narranti, selezioni per giovani musicisti.
In tutto sono previsti 400 eventi sparsi sulla rete dei cammini che copre tutta Europa, perché il “Pilgrim Crossing Border, in cammino dalla Scandinavia a Gerusalemme” riprende l’antico percorso di Sant Olaf, in Norvegia. Da Trondheim scendendo verso la Romea Germanica e di qui al passo del Brennero e poi verso Roma, 3000 km. Diciamo una sorta di Francigena nordica che ci illustra meglio come doveva essere strutturato il pellegrinaggio nell’Europa medioevale. E lo spirito di quell’andare “verso” è ben espresso in “Sei vie per Santiago”, il film documentario di Lydia B.Smith, che sarà nelle sale il 4 giugno, da non perdere.
Dunque il cammino, un’esperienza che fanno sempre più persone, non solo in direzione Santiago ma, grazie agli interventi di recupero e restauro della sentieristica, anche sulla Francigena. Abili e diversamente abili, col sostegno della “joelette”, una portantina con ruote che usa la Federtrek (e con successo, vedi il video su you tube della scalata del Velino con un disabile). Ma il cammino è soprattutto confronto con se stessi, ricerca che si nutre dei paesaggi che circondano il pellegrino -naturali ed umani- e che lui filtra con la sensibilità di chi va oltre l’apparenza delle cose. Il cammino, se compreso nel suo reale significato, comporta come una sorta di lavaggio interiore e personalmente, grazie alla mia esperienza di trent’anni di montagna, dico che sì, è vero, il cammino, l’andare “verso”, purifica: il corpo non meno dell’anima.
Festival “Via Francigena Collective Project 2015” – V Edizione, giugno-ottobre 2015.
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