A nord est di Roma, nella splendida cornice dei Monti Lucretili, si trova la Valle Ustica, territorio parte della più vasta Valle dell’Aniene, che ingloba vari paesi, fra cui Licenza e Civitella. Sono queste aree a forte connotazione agricolo-pastorale, come tante altre nel Lazio, ora ovviamente meno di un tempo (quando non del tutto), dove si è sedimentata una memoria storica affidata unicamente alla tradizione orale. E per non disperderla è stata fatta un’accurata ricerca sul campo che ha prodotto come risultato il secondo volume della collana edita dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Lazio, “Confini, toponimi, luoghi stregati. Leggende, aneddoti, memoria storica a Licenza e Civitella di Licenza”.
E’ l’immaterialità che interessa, il convergere nel tempo di storie non scritte, credenze, miti, superstizioni, cioè tutto quel patrimonio tipico delle civiltà contadine e che qui nel volume affiora sia nei saggi di studio, sia nelle testimonianze dirette. E’ un mondo duro, di vita difficile, le ore sui campi scandite dalla campana del borgo, quello che viene rievocato nelle pagine. Un mondo in certo qual modo primitivo, dove tutto è mistero che si cela nelle ombre della notte e nel silenzio dei boschi intorno ai paesi. E nascono leggende, come quella dell’uomo selvatico, peraltro comune ad altre aree di civiltà rurale, perché un filo rosso le collega tutte (è l’essere immerse nella natura, spesso isolate, non collegate come oggi, a creare un clima sospeso, quasi astorico).
Silvanus è una presenza ferina, del mondo pagano, alla quale si è poi, come in altri casi, sovrapposta quella del mondo cristiano (sacralizzandola nella figura dell’eremita). E da “gl’ommini sarvatichi”, come dalla narrazioni raccolte fra gli anziani, ai briganti Geremia e Fontana che rubavano ai ricchi per dare ai poveri e il denaro lo nascondevano nel cavo degli alberi (e da questi, bruciati dai contadini, ne usciva una “schiuma d’oro”). E poi i guerrieri della Cerquetta, il lupo mannaro, il sabba delle streghe che ballano intorno al noce (un classico: vedi Benevento) e, naturalmente, le apparizioni dei defunti, visti o sentiti, come il prete rosso o il martello del calzolaio che, lui morto, continua a battere sul deschetto.
Altro luogo caro alla tradizione è la Villa di Orazio, il suo famoso luogo di “otium” nei pressi di Licenza, “il dolce rifugio”, come lo definiva il grande poeta latino. Qui la fantasia popolare si accentra sui cunicoli sotterranei, in particolare un tunnel che, partendo dalla Villa, raggiungeva un colle dove era una certa Menichetta, l’amante di Orazio. Puro gossip paesano su temi antichi ma, come per la maggior parte dei racconti raccolti nella ricerca sul campo, è sempre testimonianza indiretta, un sentito dire che viene dalle generazioni passate (“Ecco, questo l’ò ‘ntisu arreccontà”), quando la società contadina era ancora un tutto organico (in positivo ed in negativo). Dove, invece, la tradizione sembra avere una maggiore incisività è nella contesa dei confini fra Licenza e Civitella risolta con la corsa dei rispettivi abitanti al canto del gallo, in un modo che ha quasi dell’aneddoto (gli uni fanno mangiare abbondantemente il pennuto prima della gara, gli altri lo tengono digiuno: il primo, sazio, s‘assopisce, l’altro, affamato, canta dando il segnale).
“Storie di vita”, i ricordi di una quasi centenaria che ripercorre i momenti-chiave della tradizione orale, l’uomo selvatico, i briganti, le anime vaganti (e, sempre, quel sentito dire dalla generazione precedente: il retaggio mitico della memoria collettiva locale) e una serie di foto della prima metà del ‘900, completano questo ben articolato studio di antropologia culturale. E la cosa interessante è notare le similitudini con altre aree di preminente caratterizzazione agricolo-pastorale, spesso anche molto distanti fra loro. Perché c’è una matrice comune, come ho detto più sopra, ed è quell’essere “dentro” la natura e non “contro” quale si è poi verificato con l’avvento della società industriale.
“Confini, toponimi, luoghi stregati. Leggende, aneddoti, memoria storica a Licenza e Civitella di Licenza”, a cura di Milvia D’Amadio e Elisabetta Silvestrini, prefazione di Anna Imponente, edito dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Lazio.
Scritto da: Antonio Mazzain data: 6 gennaio 2015.il20 gennaio 2015.
grazie , direttore , per averci fatto conoscere questa pubblicazione
sarebbe molto bello se i beni culturali dessero un impulso allo sviluppo di questi volumetti .
grazie , direttore , per averci fatto conoscere questa pubblicazione
sarebbe molto bello se i beni culturali dessero un impulso allo sviluppo di questi volumetti .