Quell’episodio fu interpretato come un segno degli dei, un presagio che Livia, promessa sposa ad Ottaviano Augusto, adattò alla sua lussuosa villa sulla via Flaminia, “iuxta nonum lapidem”. Così allevò la gallina che un’aquila le aveva lasciato cadere in grembo e piantò il ramo d’alloro che essa teneva nel becco, come riportano le cronache di Plinio e Cassio Dione. Alloro che poi incoronerà i trionfi dei grandi di Roma, qui coltivati accanto ad un giardino dove Livia accudiva le sue piante da frutto e medicinali. Un angolo di verzura questa villa suburbana che, nel costume dell’epoca, era sia fattoria, sia luogo di “otium”, lontano dal rumore e dagli intrighi dell’Urbe, il cui profilo si stagliava all’orizzonte (la Villa si trova su una collinetta, in buona posizione). Dunque un posto magico, che ora, grazie agli attenti restauri della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, viene restituito al pubblico in occasione del Bimillenario augusteo. Si sale lungo il basolato che è l’antico diverticolo della via Flaminia e subito il piccolo Antiquarium dà il senso di uno splendore che, pur disperso nei secoli (saccheggi, scavi maldestri, anche un bombardamento), ancora aleggia intorno. In particolare frammenti parietali dipinti, di fine fattura, quale poi si ritrova entrando nei locali della Villa, che pure ha dato notevoli notevoli tesori, come la statua di Augusto loricato e un bel cratere marmoreo oggi ai Musei Vaticani, per non parlare degli splendidi affreschi distaccati e visibili al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. Ed entriamo nel complesso, protetto da una tettoia, molto vasto, con il vestibolo, i locali ad uso abitativo, un deambulatorio, le terme, la “natatio”, il peristilio, la zona ipogea dove, nel 1863, venne rinvenuto l’affresco rappresentante il giardino, il “viridarium” con le olle contenenti le piante di lauro, il “lauretum” caro a Livia. Non ci sono rovine massicce tipo Palatino, per intenderci, il luogo ha subìto vari guasti, come già detto, ma quello che rimane è altamente suggestivo. Vedi la bellezza dei mosaici con il “thiasos” marino o quelli di tipo geometrico, la sobria eleganza dei pavimenti in “opus sectile”, i decori pittorici in stile pompeiano. Giù, nell’aula ipogea, un velario ripropone con effetto quasi da ologramma l’affresco che si può ammirare a Palazzo Massimo. E questa era la Villa di Livia “ad gallinas albas”, che si trovava “iuxta nonum lapidem Flaminiae viae”, una delle più belle ville suburbane della Roma dei cesari.
La Villa di Livia è a Prima Porta, nella via omonima, purtroppo male segnalata (e qui un appello al Comune per pubblicizzare meglio uno dei nostri tanti tesori). La visita è possibile su prenotazione giovedì e venerdì, sabati e domeniche dispari, h.9,30-13,30. Ingresso gratuito, a pagamento (7 euro + 2 prenotazione) la III domenica del mese. Per informazioni 06.3996700,www.archoeoroma.beniculturali.it e www.coopculture.it
Scritto da: Antonio Mazzain data: 12 ottobre 2014.il16 ottobre 2014.
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