Artiste ebree del Novecento
Non sono molti i nomi di donne che hanno raggiunto una fama universale nell’arte della prima metà del XX secolo e ciò sembrerebbe valere ancora di più per le donne ebree, svantaggiate, oltre che dal loro ruolo di mogli e madri, dall’appartenenza a una minoranza religiosa. Eppure, la mostra “Artiste del Novecento tra visione e identità ebraica”, ospitata dal 12 giugno al 5 ottobre 2014 nella Galleria d’Arte moderna di Roma Capitale, evidenzia con circa 150 opere il lavoro di ben 15 artiste ebree italiane (o comunque di adozione italiana), che si dedicarono all’arte e alla cultura con passione e non di rado con una professionalità faticosamente conquistata. Curata da Marina Bakos, Olga Melasecchi e Federica Pirani, l’esposizione vuol far riflettere sull’identità di genere, sullo spazio e sul ruolo della donna, in attesa della Giornata Europea della Cultura Ebraica (14 settembre 2014), che quest’anno ha come tema “la donna nell’ebraismo”. La prima sala espositiva accoglie le opere delle sorelle Corinna e Olga Modigliani (cugine del celebre Amedeo), attive a Roma soprattutto nella stagione a cavallo tra liberty e déco.
La mostra mette in evidenza la ricerca della libertà espressiva da parte delle due sorelle, unite nella vita e nel lavoro. Nel loro atelier di via Margutta, al centro della convulsa vita artistica romana, si ricavarono un’oasi dedicata al segno femminile dell’arte, uno spazio mentale legato alla loro personale esistenza. Corinna (Roma, 1871-1959), autrice di dipinti a olio, pastelli, incisioni e ceramiche, acquisì grande fama soprattutto come ritrattista. Olga (Roma, 1873-1968) si accostò inizialmente alla pittura per dedicarsi poi, quasi esclusivamente, alla ceramica. In qualità di ceramista fu invitata alla Biennale di Venezia (1912, 1914) e ad altre importanti rassegne. Dalle opere in mostra possiamo notare che Corinna guarda alle esperienze degli impressionisti francesi e alle forme liriche del liberty per ricreare una sua autonomia di segni d’ispirazione italiana. Particolarmente attraenti ci appaiono la tela del 1913 “Danzatrice”, che evoca sensuali atmosfere, il ritratto a olio della sorella e un suo autoritratto eseguito a pastello.
Olga è attratta dalla natura e dagli animali, come le giraffe o i cervi raffigurati in due vasi, ma anche dal romanticismo di eleganti figure femminili, come nella terracotta dipinta e invetriata “Dolce contemplazione”. Altre due sorelle dal nome importante sono la scultrice Liliah Nathan (Roma, 1868-1918) e la pittrice Annie Nathan (Roma, 1878 – Svizzera, 1946), entrambe figlie del celebre sindaco di Roma Ernesto Nathan. Ed è proprio il ritratto ad olio del padre, eseguito da Annie, l’opera che ci colpisce maggiormente in quest’artista che è stata iniziata alla pittura dal vero da Giacomo Balla, oltre ad alcuni scorci paesaggistici, tra i quali “Pincio” e “Paesaggio lacustre con cipresso”. Sempre a Roma operarono Pierina Levi, frequentatrice dello studio di Balla e grande amica di Annie Nathan, e Wanda Coen Biagini, moglie dello scultore Alfredo Biagini, della quale è in mostra il “Ritratto di Maria Bellonci”. Un’altra artista che ha operato a Roma è Amalia Goldmann Besso (Trieste, 1856 – Roma, 1929), autrice di una serie di bei dipinti, che sembrano quasi degli appunti di viaggio, essendo stata per tutta la vita animata dal desiderio di viaggiare tipico degli ebrei. Ma l’artista di adozione romana più nota è sicuramente Antonietta Raphaël (Kovno, 1895, Roma, 1975), lituana di nascita, trasferitasi a Roma nel 1924 dopo un soggiorno a Londra e un altro a Parigi. A Roma conobbe Scipione e Mario Mafai, del quale divenne la compagna e con il quale formò la cosiddetta “Scuola romana di via Cavour”. Nella sua pittura una semplificazione formale in senso espressionistico e una certa visionarietà si associano a una nota fiabesca alla Chagall.
In mostra s’impone per una quantità notevole di dipinti, alcuni dei quali relativi al tema dell’ebraicità, come “La lamentazione di Giobbe”, “Yom Kippur in sinagoga” e il fastoso e solare “Mia madre benedice le candele”, e per una serie di opere scultoree, tra cui ”Missione segreta” e lo straordinario “Riflesso nello specchio”. Di ambito veneziano è Paola Consolo (Venezia, 1909-1933), purtroppo morta precocemente, che appare come un’artista piena di talento, spinta da una nuova ideologia sociale, tanto che raffigurò anche bambini Down. Di formazione veneziana è pure Gabriella Oreffice (Padova, 1893 – Venezia, 1984), che iniziò la sua attività espositiva tra gli anni ‘20 e ’30, riscuotendo notevole successo. Ancora vivente è Silvana Weiller, che è nata a Venezia e vive a Padova: è nota per la sua attività artistica, ma anche come critica e poetessa. Altre artiste in mostra sono la romana Adriana Pincherle, che si caratterizza per gli accesi cromatismi, Eva Fischer, nata in Croazia, della quale sono in mostra i bozzetti per le vetrate del Tempio di Roma (1980), la torinese Paola Levi Montalcini (gemella di Rita Levi Montalcini), nelle cui opere troviamo un matematico sentire, e Amelia Almagià Ambron, formatasi alla scuola di Antonio Mancini, che a Roma diede vita a un salotto culturale frequentato da Marinetti e da Balla, e che vediamo ritratta dallo stesso Balla.
ARTISTE DEL NOVECENTO TRA VISIONE E IDENTITÀ EBRAICA Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale, Via Francesco Crispi, 24
Orario: da martedì a domenica ore 10.00 – 18.30; la biglietteria chiude alle ore 17.30; lunedì chiuso Biglietti: intero € 6,50; ridotto € 5,50
Info: 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00), www.museiincomune.it; www.galleriaartemodernaroma.it; www.zetema.it
Catalogo Edizioni TRART
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