Pubblicato: 3 marzo 2014 di Nica Fiori in News // 0 Commenti
Chi è il bel fanciullo che si toglie la spina dal piede? Un semplice pastorello o un personaggio mitico? A questa e ad altre domande più tecniche cerca di rispondere la mostra “Spinario. Storia e fortuna”, ospitata nei Musei Capitolini dal 5 febbraio al 25 maggio 2014 e curata dal direttore degli stessi musei Claudio Parisi Presicce. Da quando, nel 1471, lo Spinario giunge in Campidoglio con la donazione al popolo romano dei bronzi lateranensi da parte di Sisto IV, diventa uno dei capolavori più noti delle collezioni capitoline, insieme alla Lupa, al Camillo e ai frammenti della statua colossale di Costantino. Si tratta di un’opera bronzea che, per la raffinata freschezza del tema trattato – il dolore dovuto a una spina, che potrebbe anche essere visto come metafora delle pene d’amore – ha incuriosito e continua a incuriosire gli studiosi e gli artisti, che l’hanno riprodotta in innumerevoli repliche. Già nel Medioevo lo Spinario veniva raffigurato in alcuni capitelli, come quello del XII secolo proveniente da Tolosa, mentre Nicola Pisano si ispirò ad esso per la raffigurazione del mese di Marzo nella Fontana Maggiore di Perugia. Nel Rinascimento Brunelleschi lo inserì nella formella con la scena del Sacrificio d’Isacco, mentre Luca Signorelli copiò la posa della statua in due suoi dipinti.
Dalla Galleria Corsini di Firenze proviene il ritratto del cardinale Antonio Pucci, dipinto da Pierfrancesco Foschi, con la raffigurazione del bronzo capitolino a sinistra su un tavolo. Il fascino della statua è legato al gesto che suscita curiosità e tenerezza, visto che il soggetto rappresentato è un minuto fanciullo dell’apparente età di 12 anni, ma all’apprezzamento unanime per la naturalezza della posa sono state contrapposte le osservazioni sulla rigidità della testa, la cui capigliatura non sembra pensata per un capo reclinato, ma per una figura verticale. Proprio per questo alcuni artisti, come Rubens, disegnarono lo Spinario cambiando la posizione della testa. Le indagini diagnostiche sullo Spinario capitolino, eseguite alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, hanno evidenziato che si tratta, in effetti, di un pastiche, con pezzi fusi separatamente e quindi assemblati e saldati con ricolata metallica. La lega metallica della testa è diversa da quella del corpo, e dall’analisi dei pochi resti delle terre di fusione, rinvenuti all’interno della scultura, risulta certa la sua realizzazione in ambito laziale. Secondo Parisi Presicce l’opera è databile al 50 a.C, in età cesariana, ma dal punto di vista artistico appartiene allo stile ellenistico e rappresenta un caposaldo nell’evoluzione dell’arte greca per la particolare ponderazione del rapporto tra figura e spazio. La testa appartiene a uno stile severo, di tipologia più antica, ed è diversa rispetto a quella della statua in marmo del British Museum (ritrovata a Roma, già Collezione Castellani), esposta in mostra accanto alle repliche dello Spinario Capitolino della Galleria Estense a Modena e a quella fortemente rilavorata della Galleria degli Uffizi a Firenze. L’identità del giovinetto potrebbe essere ricercata in un personaggio mitico dalla delicata bellezza, come Endimione, amato da Selene, o il bellissimo Adone, che si divideva tra l’amore di Afrodite e quello di Persefone e che, crudelmente ucciso da un cinghiale, venne trasformato in anemone. Potrebbe anche trattarsi di Trittolemo, un eroe della mitologia greca legato a Demetra: in effetti l’acconciatura fa pensare a quella dei fanciulli addetti al culto di Demetra a Eleusi.
Una replica dello Spinario (priva di testa) rinvenuta a Cherchel, in Algeria, è fornita di un bastone (pedum) e di uno strumento a fiato (la siringa di Pan), ed era accompagnata da un cane, del quale rimangono solo i piedi: tutte cose che fanno pensare a un contesto pastorale. Comunque si conoscono anche scene dionisiache dello stesso genere, come nel cammeo, prestato da un museo berlinese, con un satiro che toglie la spina a un compagno. La scena è riprodotta anche in agemina d’argento sul bronzo della spalliera di un letto proveniente da Amiternum e conservato nei Musei Capitolini. Data l’epoca di realizzazione dello Spinario capitolino, l’ipotesi più suggestiva è che potrebbe trattarsi di un’immagine di Ascanio-Iulo, il figlio di Enea capostipite della gens Iulia, alla quale apparteneva Giulio Cesare, e per adozione anche Augusto. In particolare la ciocca ritorta sulla sommità della fronte fa pensare a una simbolica fiammella discesa sul fanciullo troiano come segno di predestinazione divina.
“Spinario. Storia e fortuna” Musei Capitolini- Palazzo dei Conservatori
Orari: dalle ore 9 alle ore 20; chiuso il lunedì Catalogo De Luca Editori d’Arte
di Nica Fiori
Scritto da: Nica Fioriin data: 3 marzo 2014.il27 ottobre 2014.
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