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I nostri cari Etruschi

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                                                I nostri cari Etruschi

di Antonio Mazza

  Non credo di esagerare se dico e scrivo che il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è il fiore all’occhiello dell’Arma, oltre ad essere una delle nostre eccellenze nazionali. Fondato nel 1969, di concerto con il Ministero della Pubblica Istruzione, per contrastare il saccheggio e relativo mercato clandestino dei nostri beni culturali, divenne nel 1971 Comando di Corpo e infine, nel marzo 1992, Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Artistico. Un nucleo operativo che dispone di una banca dati unica al mondo, fondamentale per indagini i cui risultati hanno permesso recuperi di eccezionale valore sul mercato clandestino. L’operazione Teseo del 2015, con oltre 5000 reperti, l’operazione Symes, la restituzione dai musei stranieri, soprattutto americani, un’attività di contrasto che colpisce in profondità i trafficanti d’arte. Ma veniamo all’oggi.

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  Nella sede della caserma La Marmora, in Trastevere, nel corso di una conferenza stampa sono stati presentati preziosi reperti etruschi frutto di scavi illegali avvenuti nell’area compresa fra Chiusi e Città della Pieve. A rimarcare l’eccezionalità dell’evento la presenza di Raffaele Cantone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, Anna Maria Greco, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, il Generale Francesco Gargaro, Comandante dei Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, Alessandro Giuli, Ministro della Cultura, Luigi La Rocca, Capo del Dipartimento per la Tutela del Patrimonio Culturale del Ministero della Cultura. Comun denominatore degli interventi il sottolineare come questo recupero sia un contributo al reintegro della nostra identità nazionale, frutto di una stratificazione di popoli e di culture, che i due imputati di scavo clandestino  stavano minando seriamente pur se in modo ingenuo (uno dei due è apparso in foto sul web con accanto l’urna etrusca).

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 Una “soffiata” e poi intercettazioni telefoniche, pedinamenti ed uso di droni hanno permesso il finale recupero di reperti etruschi del III secolo a.C., otto urne in travertino, due sarcofagi ed un ricco corredo funebre. Tutto di notevole interesse, soprattutto la prima urna, di eccezionale bellezza, con la donna adagiata alla maniera etrusca, una patera nella mano destra e un anello nella sinistra. Il busto è attraversato da una sorta di collana,  al braccio destro un monile e sul capo una coroncina ed evidenti sono le tracce della doratura originaria (in sfoglie d’oro), mentre il colore è svanito e una lieve ombratura compare sotto il braccio sinistro. Nel corpo dell’urna è scolpito un tema mitologico, la caccia al cinghiale caledonio colpito da Meleagro, e al mito è riferibile la base di un’altra urna, l’agguato di Achille a Troilo che viene decapitato. Sul coperchio una figura femminile sdraiata, con meno orpelli della precedente, appena una collana dorata e la solita patera nella mano destra. Ancora due urne degne di nota, una piuttosto particolare perché poggia sue due sfingi  laterali, il defunto maschio sdraiato in alto, e l’altra non è da meno, con la testa della Gorgone al centro e la scritta in etrusco sui bordi.

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 Altre urne ma rovinate dal tempo, fra le quali una che riprende il mito tebano, con Eteocle e Polinice, ed un’altra, piccola, da nicchia, con l’eroe greco Echetlo che a Maratona con il suo aratro seminò strage fra i persiani. Il corredo funebre è composto di situle, specchi (in uno di questi è incisa una scena  che allude al mito di Roma), oinochoai, brocche in bronzo, un balsamario che racchiude ancora tracce del profumo antico, un pettine in osso. Accanto è il sarcofago completo di coperchio con lo scheletro di una donna, età sui 40, reduce da un parto, mentre dell’altro sarcofago resta solo il coperchio. Il tutto proviene da una tomba ipogea la cui ricchezza testimonia dell’importanza della gens Pulfna ma il dato archeologico più rilevante è la contestualizzazione della tomba, cioè la sua integrità che rende possibile di studiarne il legame con il territorio e storicizzarla. Infatti il danno maggiore causato dai tombaroli è la dispersione del materiale di scavo e quindi l’impossibilità per gli archeologi di una “lettura” in termini storico-scientifici.

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 Inutile sottolineare ancora l’importanza dell’evento che, grazie al nucleo Carabinieri TPC, ha permesso di recuperare un prezioso frammento di un passato che è parte della nostra identità nazionale. Perché gli Etruschi ci ricordano che noi veniamo da lontano, cresciuti strato su strato, come tutti i popoli dell’area mediterranea.

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