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Le vene della Terra

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                                              Le vene della Terra

di Antonio Mazza

  La cultura Arbereshe, le comunità sparse soprattutto nel sud d’Italia, formatesi nei secoli XV-XVIII quando l’Albania venne invasa divenendo parte dell’impero ottomano. E il suo eroe, che guidò il popolo contro le preponderanti forze turche, Giorgio Castriota Scanderberg, che fu a Roma a chiedere aiuto a papa Paolo II (la sua effigie dipinta prospetta sulla facciata del palazzo dove egli abitò, nel rione Trevi). Ed è proprio il suo eroe e simbolo nazionale, riprodotto in tecnica mista, che accoglie il visitatore all’ingresso dell’ambasciata d’Albania, dove espone Astrit Shoti, artista ormai di fama internazionale.

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  Oltre 40 opere in tecnica mista, una pittura materica che la stesura a spatola, densa e vivida, rende di forte impatto non solo visivo, anche in virtù degli elementi che compongono  il tutto. Astrit usa in prevalenza travertino romano miscelato con i colori, il tutto in perfetta norma, grazie ai materiali biologici Oikos. Quindi un’arte dalle tonalità squisitamente ecologiche, che trova il suo riscontro anche e soprattutto nei temi affrontati. Non pochi, essendo Astrit un eclettico, che spazia dal quadro all’affresco, al bassorilievo, all’elemento decorativo (e qui, essendo innamorato dell’Italia e di Roma in particolare, le suggestioni vengono dal passato, come echi del rosso pompeiano o rovine riprodotte con un gusto quasi da Grand Tour).

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  E, nel rapportarsi con le opere esposte, proprio il dato ecologico risalta, per la fusione di materia e colore che si combinano in una materia organica la cui tipicità, insieme granulosa e porosa, rimanda alla terra. Il segreto linguaggio delle radici è lo specifico di Astrit, come in “Fiori di melo”, con i rametti e le gemme in filigrana, “Palude”, misto di pittura materica, acrilico a spatola e travertino romano su tela, “Onda”, con la spuma che travalica e quasi ne avverti gli schizzi (e non puoi, per riflesso, non pensare a Hiroshige), “Porta del giardino degli aranci”, dove il legno corroso dagli anni, la vegetazione che incornicia la porta e i mattoni scheggiati parlano del fluire del tempo.

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  Le radici sono in questo eterno scorrere delle cose, il “panta rei” che lascia cicatrici ovunque ed emblematiche risultano, in questo senso,  le rappresentazioni degli alberi, così dirompenti, con la corteccia che si contorce come carne viva e le radici come vene che penetrano nel profondo della terra. Se ne sprigiona un’energia che permea tutta l’opera di Astrit Shoti, un intimista molto particolare ovviamente, all’epoca, in patria, guardato con sospetto dai burocrati del regime paranoico di Enver Hoxsa. Ed ora è qui, nell’ambasciata del suo paese libero a contribuire all’incontro fra due culture, l’albanese e l’italiana, come ha sottolineato l’ambasciatrice Anila Bitri Lani. “Poesia della materia” il giusto titolo della mostra ovvero, parole di Sgarbi, “arte della ricerca, della sperimentazione, della percezione”.

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Ambasciata di Albania, via Asmara 5, “Poesia della materia”, mostra personale di Astrit Shoti. Fino al 31 gennaio 2024, visita su prenotazione, 0686224110 e embassy.rome@mfa.gov.al

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