Il luogo degli Apostoli
Il luogo degli Apostoli
di Antonio Mazza
“AD. MMXX”. Così, al termine di una lunga iscrizione in latino posta al centro dell’edificio, è riportato l’anno in cui la chiesa, dopo lunghi restauri, è stata riaperta al culto. San Giuseppe dei Falegnami, ai Fori, il cui tetto rovinò improvvisamente senza, per fortuna, provocare vittime. Risale al XVI secolo, eretta dalla confraternita omonima, ad una sola navata, gioiellino barocco che racchiude opere interessanti, come la bellissima “Natività” di Carlo Maratta (spettacolare, nella controfacciata, l’organo moderno racchiuso nella elaborata cassa lignea settecentesca). Ma San Giuseppe dei Falegnami è soprattutto importante perché custodisce qualcosa di prezioso, memoria antica di tempi di fede e di martirio.
Il carcere Mamertino, che risale ad epoca repubblicana, e sorge su due livelli, Tullianum, il più antico, e Carcer, ristrutturato nel I secolo d.C. Un luogo di morte dove furono eliminati molti nemici di Roma, fra i quali Giugurta e Vercingetorige, e dove il nascente cristianesimo ebbe vittime illustri. Come gli apostoli Pietro e Paolo e i carcerieri da loro convertiti, Processo e Martiniano, e tanti altri, diaconi, semplici fedeli, papi (Sisto II). Un luogo sacro al centro dell’Urbe, alle falde del Campidoglio, per anni oggetto di scavi e restauri da parte del Ministero della Cultura e il Vicariato di Roma in collaborazione con l’Opera Romana Pellegrinaggi. Il risultato è la musealizzazione dell’intero sito, un lavoro molto accurato che ne facilita la lettura stratigrafica.
Gli strati appunto, quattro: Tullianum, Carcere, Oratorio del Crocifisso, chiesa di San Giuseppe dei Falegnami. E gli ampi locali dove sono esposti i reperti emersi durante gli scavi, in una successione temporale che inizia nel IX secolo a.C., quando qui v’era una vasta necropoli. Nel museo è stato ricomposto un antico sepolcro che risale all’Età del Ferro, poi il percorso si snoda nei secoli, sintetizzati nelle bacheche del museo con, al centro, il plastico dell’intero complesso. In quelle di epoca romana troviamo frammenti di ceramica, un’antefissa, oggetti in pasta vitrea, lapidi, una parte di sarcofago, materiale vario. Si passa poi alla fase medioevale e rinascimentale, con un’intera vetrina occupata da brocche, vasi, piatti, elementi in ceramica smaltata di uso quotidiano che denotano anche una certa raffinatezza nella foggia e nel disegno.
Dal museo si passa all’oratorio sorto a metà ottocento dove si trova quello che un tempo era noto come il “Crocifisso di Campo Vaccino”, peraltro veneratissimo (il santuario venne inaugurato da Pio IX nel 1853). Infine si scende nello spazio sacro, incontrando prima la roccia dove, secondo una leggenda medioevale San Pietro, scendendo nel Tullianum, scivolò battendo il capo. Poi la colonna alla quale gli Apostoli sarebbero stati incatenati (ma, secondo la tradizione, Paolo di Tarso era confinato agli arresti domiciliari in una casa ora inglobata nei sotterranei di Santa Maria in Via Lata). Ed ecco il cuore del Tullianum, l’acqua che sgorga dalla roccia percossa da San Pietro, con la quale vennero battezzati i carcerieri, Processo e Martiniano, destinati a divenire martiri della fede cristiana.
Dunque quattro livelli che, insieme, creano uno dei luoghi più suggestivi dell’Urbe, il cui fascino è ben espresso nel volume presentato all’interno della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami: “Carcer Tullianum. Il Mamertino al Foro Romano”, edito da L’Erma di Bretschneider, a cura di Alfonsina Russo e Patrizia Fortini. L’importanza storica e religiosa del luogo è stata riconosciuta da tutti i relatori, in particolare Monsignor Pasquale Iacobone, presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, il quale ha detto come il miracolo dell’acqua compaia in molti affreschi catacombali. La direttrice del Parco Archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, ha sottolineato l’importanza della sinergia pubblico-privato che ha permesso un “bellissimo progetto di ricerca scientifica e di valorizzazione”. E così gli altri interventi, il cardinale Francesco Coccopalmeri, titolare della chiesa, Remo Chiavarini, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, Fulvio Cairoli Giuliani, accademico dei Lincei e professore emerito della Sapienza, tutti incentrati sulla cruda bellezza di questo luogo che custodisce la memoria sacra dell’Urbe.
Per le visite tutti i giorni h.9-17, biglietto intero euro 10, ridotto 5. Per informazioni 0669896379 e info@omniavaticanrome.org
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