Diego il misericordioso
Diego il misericordioso
di Antonio Mazza
Un tempo si chiamava via della Sapienza poi, nel 1936, Anno XIV E.F., come già in altre parti di Roma (area dei Fori, la Spina di Borgo), arrivò il piccone a demolire palazzi antichi e parte di una chiesa, sancendo la nascita del più largo Corso Rinascimento. Quella chiesa era San Giacomo degli Spagnoli, costruita a metà del XV secolo per la comunità iberica che si era insediata a Roma al seguito di papa Calisto III Borgia e poi il nipote, Alessandro VI, che la dotò di un ospizio per pellegrini. Qui era la “Confraternita della Resurrezione” che, la mattina del Sabato Santo, celebrava con grande sfarzo la processione del Cristo risorto, una delle maggiori attrattive della Roma secentesca. Poi, negli anni, con la diminuita presenza spagnola in città, la chiesa andò in degrado, fino al saccheggio operato dalle truppe napoleoniche nel 1798. Venne restaurata da papa Leone XIII, cambiando nome in Nostra Signora del Sacro Cuore, subendo poi il taglio del transetto e il cambio di orientamento all’apertura di Corso Rinascimento.
Rimane pur sempre una bella chiesa, con diverse opere d’arte, ma non più quel ciclo che ornava una cappella, voluto nel 1605 dal banchiere spagnolo Juan Enriquez de Herrera per la guarigione del figlio Diego. La dedicò a un santo, l’andaluso Diego de Alcalà, vissuto nel XV secolo e assurto agli onori dell’altare nel 1588, incaricando dei lavori Annibale Carracci, la cui fama era ben nota. Nel corso del tempo, dato il progressivo stato di abbandono della chiesa di San Giacomo, gli affreschi rischiarono di scomparire finché, nel 1844, il governo spagnolo incaricò Pellegrino Succi, un professionista, della rimozione e trasferimento su telaio (costo dell’operazione 60mila reales). Per qualche tempo rimasero in deposito presso Santa Maria in Monserrato, nel frattempo divenuta la chiesa ufficiale della comunità spagnola a Roma e, in seguito, gli affreschi del ciclo vennero divisi fra il Museo del Prado di Madrid e la Real Acadèmia Catalana de Belles Arts Sant Jordi di Barcellona.
19 affreschi ma con 3 dispersi fanno 16, ora riproposti nella loro collocazione originaria nella cappella ricostruita in scala nella Sala dei Marmi di Palazzo Barberini. Un colpo d’occhio notevole che già si pregusta con il bellissimo quadro del Wan Vittel raffigurante piazza Navona nel XVII secolo e alcune raffigurazioni a penna, inchiostro ed acquerello della chiesa, in pianta e nel particolare (interessante l’apparato funebre progettato da Ferdinando Fuga per la morte di Filippo IV) . Il ciclo pittorico realizzato da Carracci e la sua bottega inizia con una “Assunzione della Vergine” e “Gli Apostoli intorno al sepolcro vuoto”, la prima opera del maestro e l’altra dell’allievo Francesco Albani (Annibale, stremato dall’immane lavoro compiuto a Palazzo Farnese, affidò l’esecuzione degli affreschi ai suoi collaboratori). Si nota la differenza, l’eleganza classica della Madonna con la corona di angeli, e, di contro, il gruppo degli Apostoli che tende ad un certo gigantismo figurativo (vedi il polpaccio di uno degli Apostoli). Che si ritrova, all’interno della cappella, nel “Miracolo delle rose”, ma non altera comunque l’equilibrio narrativo del gruppo corale composto dai frati e dai mendicanti.
Anzi, appare stilisticamente sobrio e regge bene il confronto con l’affresco della parete di fronte, “San Diego guarisce un giovane cieco”, sempre opera di Albani. Sono le raffigurazioni che colpiscono immediatamente l’attenzione per la loro spettacolarità ma quelle poste in alto, sul soffitto della cappella, risultano senz’altro più suggestive. Così “San Diego salva il ragazzo addormentato nel forno”, di struttura compositiva abbastanza anomala, “Il ristoro miracoloso” per mano di Carracci e Albani, “San Diego de Alcalà riceve l’elemosina”, di Albani. E, ancora, “Apparizione di San Diego al suo sepolcro”, del Lanfranco, “Predica di San Diego” di Sisto Badalocchio, dove risalta al centro un delizioso puttino che guarda all’esterno del dipinto. Forse un intervento dell’Albani ma, nel complesso pittorico della cappella, tutti gli allievi del Carracci sono presenti, dai tondi con le figure di santi e il Padre Eterno al fulcro della cappella stessa. Pietro e Paolo ai lati, opera dell’Albani (Paolo è lo stesso modello degli Apostoli al sepolcro della Madonna), e, al centro, una splendida pala d’altare.
“San Diego di Alcalà presenta il figlio di Juan de Herrera a Gesù Cristo”, dalla chiesa di Santa Maria in Monserrato, opera calda, densa, pastosa, frutto di una partecipazione corale dove figura anche il Domenichino (in particolare, a mio avviso, nella figura del Santo). Opera che suggella alla grande un ciclo pittorico dove l’ideale classico, di matrice raffaellesca, si sposa ad un realismo dai toni morbidi, che evita quella retorica pietistica spesso presente nelle rappresentazioni sacre del XVII secolo.
“Annibale Carracci. Gli affreschi della cappella Herrera”, fino al 5 febbraio 2023. Da martedì a domenica h.10-19, biglietto intero euro 12, ridotto 2. Solo mostra euro 8, ridotto 2. Consigliabile prenotazione nei giorni festivi. Per informazioni www.barberinicorsini.org
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