Il canto di Orfeo
Il canto di Orfeo
di Antonio Mazza
Il corpo giovane modellato nella terracotta, la patina del tempo su un volto il cui sguardo è fisso nell’eternità e, al lato opposto, due figure anch’esse in terracotta, di donna-uccello, come nella tradizione greca erano rappresentate le sirene. Quel giovane è Orfeo e il suo canto le ammalia, così che la spedizione degli Argonauti, partiti alla ricerca del Vello d’Oro, potè sfuggire ai loro incantesimi. E il gruppo di questi quattro personaggi del Mito, che un tempo erano in un santuario o ornavano un monumento funebre della Magna Grecia, esportati clandestinamente e poi restituiti al nostro paese, sono ora in mostra nel Museo dell’Arte Salvata, nella Sala Ottagona all’interno del Museo Nazionale Romano.
Visibilmente soddisfatto il direttore Stéphan Verger ha illustrato questo capolavoro del IV secolo a.C. collegato ai culti pitagorici, molto diffusi nella Magna Grecia, e Roberto Riccardi, Comandante Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, ne ha sottolineato la bellezza aggiungendo però che “la bellezza va protetta” e qui subentra il concetto di legalità. E’ quanto persegue dalla sua fondazione, a fine anni ’60, il Comando TPC, che negli anni, dotandosi di tecniche all’avanguardia (a cominciare dalla banca dati), ha svolto -e svolge- una notevole azione di contrasto sul mercato clandestino, recuperando finora migliaia di oggetti spesso di inestimabile valore, come appunto Orfeo e le Sirene.
La sua attività, modello per molti paesi nella tutela del proprio patrimonio storico-artistico, è motivo di orgoglio per l’Italia, come ha affermato il Ministro della Cultura Dario Franceschini, parlando del successo di quest’operazione di recupero in totale sintonia con le autorità americane. Il gruppo scultoreo, trafugato negli anni ’70 in area tarantina e finito oltre oceano, era stato acquistato dal Paul Getty Museum, dove era in esposizione fino al termine delle indagini. L’attività investigativa, condotta dai Carabinieri della Sezione Archeologica del Reparto Operativo del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale e coordinata dalla Procura di Taranto si è svolta in collaborazione con il District Attorney’s Office di Manhattan e la Homeland Security Investigations.
Ma torniamo a quelle quattro figure al centro della Sala Ottagona. IV secolo a.C. quindi una fase che in parte risente ancora degli stilèmi arcaici, eppure l’insieme ha una sua compattezza diciamo così narrativa che risulta sorprendentemente moderna. In particolare il sembiante di Orfeo, con quella sua purezza di forme, linee e volume di proporzione perfetta, un che di stupore e quasi trasognato sul viso imberbe. E poi le Sirene, le donne-uccello rappresentate con eccezionale verismo, la parte superiore femminile e quella inferiore che trasmuta in zampe di volatile e, sulla schiena, ostenta le ali racchiuse ma pronte al volo. Due figure, l’una in postura meditativa, l’altra più colloquiale, anch’esse molto vicine alla nostra sensibilità moderna (un qualcosa nella struttura che per riflesso evoca surrealismo e liberty).
Il Mito ritrovato è ospite della Sala Ottagona fino a metà ottobre, quando tornerà nel suo territorio d’origine, nelle collezioni del Mar.Ta, Museo Archeologico di Taranto, il più importante museo italiano della Magna Grecia. E questa è l’ultima tappa del viaggio di ritorno della “Operazione Orpheus”, dove il Mito racchiuso nelle figure di terracotta esprime un concetto di Armonia, ovvero la ricerca di un equilibrio con le forze del Caos rappresentate dalle sirene. Un concetto su cui meditare in questo momento storico dove sembrano prevalere proprio le forze del Caos.
“Orfeo e le Sirene”, Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, da martedì a domenica h.11-18, biglietto euro 8 solo Terme e 12 biglietto combinato con le altre sedi del Museo Nazionale Romano (Palazzo Massimo, Crypta Balbi e Palazzo Altemps). Per informazioni www.museonazionaleromano.beniculturali.it
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