Quel Maffeo di casa Barberini
Quel Maffeo di casa Barberini
di Antonio Mazza
Nel 1935 un regio decreto permise alla famiglia Barberini di alienare parte della collezione d’arte sotto vincolo e così alcuni capolavori finirono sul mercato antiquario, acquistati poi da musei esteri o da privati. Opere di pregio come un Caravaggio di cui si era persa notizia finché Roberto Longhi ne scrisse nel 1963 sulla rivista “Paragone”, dopo un carteggio con Giuliano Briganti al quale si deve la scoperta del quadro dimenticato. Anche Federico Zeri vi riconobbe la mano del Caravaggio che, così consacrato da tre storici dell’arte, possiamo finalmente ammirare in tutta la sua bellezza. “Caravaggio. Il ritratto svelato”, a Palazzo Barberini, nella Sala Paesaggi, introdotto da Massimo Osanna, Direttore Generale dei Musei, Thomas Clement Salomon, Direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, e Paola Nicita, che hanno curato il progetto espositivo.
Monsignor Maffeo Barberini, il futuro Urbano VIII, papa politico e grande mecenate, ma anche con un forte risvolto conservatore (la seconda condanna di Galileo e la bolla contro il giansenismo). Nato a Firenze nel 1598 intraprese la carriera ecclesiastica in età giovanile, grazie anche al patrimonio dello zio Francesco, protonotaro apostolico, venendo poi nominato cardinale nel 1606. Amante delle arti (era membro dell’Accademia degli Insensati) intuì il genio di Caravaggio, così come, quello del Bernini che divenne il suo artista preferito, al quale, nella nuova veste di Urbano VIII papa, commissionò il proprio sepolcro in San Pietro. Ma parliamo ora di quando era ancora monsignor Maffeo Barberini, un giovane prelato ritratto da un giovane pittore venuto dalle terre lombarde.
Realizzato intorno al 1603 colpisce subito per come si staglia all’interno della cornice, la figura umana che sembra catturata in una sorta di fermo immagine, i colori vividi che le danno ancora più risalto. Il naturalismo caravaggesco si esprime qui al meglio, condensando il dinamismo tipico del Merisi (soprattutto le rappresentazioni di gruppo) in un solo personaggio. Il fermo immagine, appunto, Maffeo colto nell’attimo in cui si sta rapportando a qualcuno oltre l’orizzonte del quadro, nella mano sinistra stringendo una lettera o un blocco di appunti. Un uomo d’azione, quindi, meglio, di potere, volitivo, come risulta dal suo sguardo, che denota peraltro un’intelligenza e una cultura ben oltre la media del tempo. E l’insieme ed i particolari, strutturati con quella meravigliosa semplicità rappresentativa che era il naturalismo caravaggesco, ben lungi dal gusto dell’epoca nonché dall’enfasi del nascente barocco, che spesso cristallizzavano il ritratto stesso, indicano un nuovo modo di affrontare la figura umana. “Realtà atteggiata”, scriveva Longhi nel suo articolo, a significare una diversa concezione del genere immagine pittorica: “il ritratto doveva essere azione, rappresentazione, dramma in nuce” concludendo che, grazie al Maffeo caravaggesco, decisamente una novità esteticamente rivoluzionaria, “così si apriva il ritratto moderno”.
“Caravaggio. Il ritratto svelato” a Palazzo Barberini fino al 23 febbraio 2025. Da martedì a domenica h.10-19. Biglietto euro 15 intero, Gallerie Nazionali di Arte Antica (Palazzo Barberini e Palazzo Corsini, valido 20 giorni) 12 ridotto. Per informazioni www.barberinicorsini.org
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