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Libri “La bambina e l’elefante”

20150603_120Il mare, il vecchio e la bambina

“C’era una volta”, così sembra iniziare il libro, che sin dalle prime righe dà l’idea di essere impostato e strutturato come una favola ma non è tale o, meglio, lo è in modo trasversale, tutta di sguincio, per così dire. Perché “La bambina e l’elefante”, opera prima di Fabio Giardina, ha sì tutta l’apparenza della favola ma poi si srotola nelle pagine con un piglio fra storia (più o meno) sentimentale, racconto dalle inflessioni picaresche e apologo marinaro. Una gustosa miscela dai sapori aspri e dolci insieme, non solo nella storia dei personaggi ma nel linguaggio, cosa questa cui non è certo estranea la professione dell’A. Scienze delle Comunicazioni, il che è tutto un programma, ma procediamo con ordine.
Dunque, una città portuale dove vive la piccola Sofia, una ragazzina cieca, poi il vecchio marinaio che si nutre di ricordi, Jack detto il pirata con la sua Namibia, “un grosso mercantile fatto di ruggine e salsedine”, Matilde, la figlia che sogna l’Africa, e Johnny, un giovane irrequieto in cerca d’imbarco (la società gli va stretta). Intorno il clima tipico delle cittadine di costa, con la loro particolare fauna portuale e il sentore aspro di alghe secche e fasciame di barche. Un luogo dove lo sciacquìo della risacca fa da colonna sonora alle memorie del vecchio marinaio ed all’incontro fra Johnny e Sofia, mentre Matilde avverte “i profumi delle partenze”, anche se i giorni al porto “trascorrevano con le sue puttane e le sue miserie”. E, in effetti, è quello che avviene, con la Namibia che ora porta verso l’Africa lei, il padre dall’occhio bendato e il marinaio.
E anche il vecchio il quale rivive se stesso nel ricordo, giovane mozzo innamorato della figlia del pirata, una storia di tenerezza sospesa fra mare e cielo, che sboccia in una nuova esistenza. Ma l’Africa sarà fatale a Matilde che, nella savana, finirà i suoi giorni tragicamente, dando alla luce una bimba cieca, Sofia. E qui appare l’elefante, in veste di furia distruttrice, una presenza soprattutto simbolica, quasi il Fato che si pone di traverso alla felicità degli umani. “Era un racconto nuovo quello del vecchio bambino marinaio e di Matilde, un racconto a cielo aperto”, ma l’orizzonte si chiude e ora, dopo il tempo del dramma, per il vecchio è il tempo del ricordo. Un tempo fatto di silenzi e del buio che empie gli occhi della figlia, Sofia, che a dieci anni decide di non crescere più.
Ma tutto scivola nell’oblìo dei giorni, i personaggi della storia scompaiono dal palcoscenico della vita, Jack, Matilde, l’elefante che, catturato in Africa, veniva esibito come una rarità esotica. Era in gabbia e la sua fine è simbolica, perché libera la bambina, “voglio ricominciare a crescere”, dice a Johnny che, forse, non salperà più per mari lontani. E il vecchio marinaio, ora davvero vecchio, se ne sta a braccetto con i suoi ricordi e osserva quei due come una nuova possibilità nel novero delle vite possibili. E’ come se la sua si ravvivasse e dalla cenere dei giorni ne venisse plasmato il suo io di un tempo, quale era all’inizio, prima che la Namibia portasse con sé la loro storia d’amore e di dolore. E il ciclo riprende, immutabile, perché racchiude in sé la circolarità della vita.
“Dovete mandarla giù questa storia, che vi piaccia o no, perché la storia è questa e non un’altra”, scrive l’A. inserendosi nella trama del racconto. Vero, perché se essa sembra avere dei limiti oggettivi, tipo una vicenda di mare come ce ne sono tante, in realtà è molto di più. E lo avverti dalle prime pagine, lo stile agile e nervoso con venature poetiche, un linguaggio tutto particolare che riveste i personaggi come una seconda pelle. La scrittura, ecco, questo il pregio principale de “La bambina e l’elefante”, un disinvolto incedere “postmoderno”, come è stato definito, che impreziosisce il libro. E al quale, come notavo all’inizio, non è certo estranea la conoscenza di Fabio Giardina delle Scienze della Comunicazione. Anzi.

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“La bambina e l’elefante”, di Fabio Giardina. Francesco Ciolfi Editore, Cassino. Pagg.105, euro 13.

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