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I due Filippi, pittori di genio

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                                              I due Filippi, pittori di genio

di Antonio Mazza

  Sì, d’accordo, è una frase scontata, banale, ma è la prima cosa che viene in mente visitando la mostra in corso ai Musei Capitolini. “Tale padre tale figlio” e in effetti così è, Filippo si rivela subito un grande e Filippino dimostra di averne ben compreso il messaggio artistico arricchendolo di particolari inediti. Due pittori di talento formatisi in quel crogiuolo di ribollente bellezza che era il Quattrocento toscano, Beato Angelico, Ghirlandaio, Piero della Francesca, Botticelli, solo per fare qualche nome. A questi maestri se ne aggiungono altri due non meno importanti, Filippo e Filippino Lippi, presenti nella mostra a cura di Claudia La Malfa, promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed organizzata dall’Associazione MetaMorfosi in collaborazione con Zètema Progetto Cultura, dal titolo “Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento”.

"Madonna con Bambino, Santi e giovani Carmelitani" (Madonna Trivulzio), 1420.

Filippo Lippi: “Madonna con Bambino, Santi e giovani Carmelitani” (Madonna Trivulzio), 1420.

   Si inizia Con Filippo, le cui prime opere colpiscono per un che di meditativo ma anche come di trasfigurato, quale appare nell’incarnato delle figure, quasi una reminiscenza dei cori angelici della pittura medioevale. Si veda “Madonna con Bambino, Santi e giovani Carmelitani”, 1420, ovvero la famosa “Madonna Trivulzio”, che, ancora impregnata dei gentili turgori dell’umanesimo fiorentino, segna il punto di svolta verso i canoni della pittura rinascimentale. E così di altre opere notevoli, “Madonna con il bambino, Angeli, Santi e committente”, 1430, “Madonna col Bambino”, 1430, fino all’intenso e drammatico “Cristo morto sostenuto dalla Vergine Maria e da San Giovanni Battista”, 1430. In tutte si avverte la lezione del Masaccio che Filippo, frate carmelitano, aveva ben appreso studiandone gli affreschi nel convento fiorentino (“sì che le cose sue in modo simili a quelle faceva che molti dicevano lo spirito di Masaccio era entrato nel corpo di frà Filippo”, scrive il Vasari).

"Madonna Trivulzio" (particolare)

Filippo Lippi: “Madonna Trivulzio” (particolare)

  Segue una serie di interessanti documenti d’epoca, come la “Lettera a Giovanni di Cosimo de’ Medici in Cafaggiolo”, 1457, la “Lettera di Giovanni de’ Medici a Firenze a Bartolomeo Serragli a Napoli”, 1458, e soprattutto la “Denuncia anonima dell’8 maggio 1461 agli Ufficiali della Notte e Conservatori dell’Onestà dei Monasteri”, dove Filippo viene accusato per aver sedotto la giovanissima monaca Lucrezia Buti, scandalo che venne soffocato con l’intervento di Cosimo de’ Medici il Vecchio presso papa Pio II. Ma il suo stile è più maturo, una pennellata densa e compatta, come risulta da due magnifiche tempere su tavola, “Sant’Agostino e Sant’Ambrogio” e San Gregorio e San Girolamo”, 1435-37. D’altronde è ormai un pittore affermato, ha bottega a Firenze dove realizza opere importanti (come la spettacolare “Incoronazione della Vergine”, pala d’altare conservata agli Uffizi), affresca la cappella maggiore di Santo Stefano del duomo di Prato (la città dello scandalo) e trova la sua apoteosi pittorica nel duomo di Spoleto, con il ciclo di storie della Vergine terminato dal figlio Filippino. ”Delle fatiche sue visse onoratamente, e straordinariamente spese nelle cose d’amore; delle quali del continuo, mentre che visse, fino alla morte si dilettò” (Vasari).

Filippo Lippi: "Sant'Agostino e Sant'Ambrogio" e "San Gregorio e San Girolamo", 1435-37, Filippo Lippi.

Filippo Lippi: “Sant’Agostino e Sant’Ambrogio” e “San Gregorio e San Girolamo”, 1435-37.

  E qui subentra Filippino, “di sì copiosa invenzione nella pittura e tanto bizzarro e nuovo ne’ suoi ornamenti”, il quale “fu tenuto et ammaestrato essendo ancor giovanetto da Sandro Botticello”, a sua volta formatosi alla bottega di Filippo Lippi. Quindi una sorta di ritorno o, come dire, rimbalzo stilistico che si condensa in un capolavoro di raffinata fattura: i due tondi che compongono l’Annunciazione, “Angelo annunciante” e “Vergine annunciata”, 1483-84, dove la lezione paterna trova riscontro e si esalta nell’afflato poetico che si sprigiona dall’intera narrazione pittorica botticelliana. La grazia di Sandro circola all’interno di un diverso modulo di linguaggio, più dinamico, dove senso prospettico e luce creano una spazialità tutta da esplorare. Qualcosa già si avverte quando a Filippino viene affidato il compito di terminare gli affreschi della cappella Brancacci iniziati dal Masaccio,  compito che assolve adeguandosi alla sua maniera ma in modo del tutto innovativo.

Filippino Lippi: "Angelo annunciante" e "Vergine annunciata", 1483-84.

Filippino Lippi: “Angelo annunciante” e “Vergine annunciata”, 1483-84.

  Senza dubbio lo stile di Filippino rispecchia molto il clima della Confraternita di San Paolo alla quale era iscritto e, con lui, il Ghirlandaio, Lorenzo de’ Medici, il Magnifico, Angelo Poliziano, un clima squisitamente umanistico impreziosito dall’Accademia neoplatonica di Marsilio Ficino. Gliene deriva il gusto per l’antico come traspare da “Morte di Lucrezia Romana”, 1475-80, che si snoda in tre episodi, gusto sviluppato anche nella grafica, “Ratto d’Europa”, 1488, dal segno morbido ma deciso, o i due leoni alati in punta metallica del 1495. E qui subentra un Filippino inedito, sottilmente visionario, perché il viaggio a Roma l’ha messo in contatto con le memorie sparse ovunque del mondo antico ma, soprattutto, con quelle racchiuse nelle viscere di Roma. Sono gli affreschi della Domus Aurea, allora sotterrata, i vasti ambienti nei quali gli artisti dell’epoca si calarono e, a lume di torcia, osservarono le decorazioni, restandone sedotti (e lasciando poi le firme sulle pareti, come possiamo osservarle ancor oggi).

Filippino Lippi: "Morte di Lucrezia Romana", 1475-80 (particolare).

Filippino Lippi: “Morte di Lucrezia Romana”, 1475-80 (particolare).

  E furono le “grottesche”, un filone pittorico che attraversa tutto il Barocco e risale fino al XVIII secolo ed oltre. Filippino, fascinato come gli altri suoi colleghi, ne fece un tema decorativo che, insieme alle suggestioni della Roma antica, inserì nelle composizioni sacre, con effetti sorprendenti. La cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva, il suo capolavoro romano, è una splendida (e spettacolare) sintesi di questo nuovo modo di  vivere la pittura, riprodotta in digitale e retroilluminata nell’ultima sala della mostra. E’ così possibile cogliere i particolari che nella visione in chiesa sfuggono, ad esempio la statua equestre di Marco Aurelio all’epoca ancora a San Giovanni, o la statua del re barbaro prigioniero oggi nel cortile dei Capitolini o, ancora, il puttino che gioca con l’oca. Tutti elementi della fascinazione romana subìta da Filippino, incorniciata dalle grottesche e sublimata nelle scene dell’Annunciazione e Assunzione della Vergine e storie di San Tommaso.

Cappella Carafa: San Tommaso in cattedra (notare a sinistra, in fondo, la statua equestre di Marco Aurelio).

Cappella Carafa: San Tommaso in cattedra (notare a sinistra, in fondo, la statua equestre di Marco Aurelio).

  Una folla di personaggi e, sullo sfondo, un paesaggio fantastico (notare la giraffa), come era in uso nella pittura umbra e toscana del ‘400. La danza degli angeli musicanti che celebra Maria assunta in cielo e poi le Sibille nella volta (insieme all’allievo Raffaellino del Garbo del quale sono esposte due belle grafiche) danno un finale tocco visionario alla pittura di Filippino Lippi (l’acme lo raggiunge nella cappella Strozzi in Santa Maria Novella, a Firenze). Un artista “bizzarro”, come tanti pervaso dallo spirito un po’ folle della Rinascenza (spirito che poi si travaserà nel Barocco), “pittore di bellissimo ingegno e di vaghissima invenzione”, scrive il Vasari, “…e mentre si portava a sepellire si serrarono tutte le botteghe nella via de’ Servi, come nell’essequie de’ principi uomini si suol fare alcuna volta”. Un grande, come il padre.

Cappella Carafa: Assunzione della Vergine (notare la particolare foggia degli angeli musicanti).

Cappella Carafa: Assunzione della Vergine (notare la particolare foggia degli angeli musicanti).

“Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento” ai Musei Capitoli fino al 25 agosto. Tutti i giorni h.9,30-19,30, biglietto integrato museo + mostra residenti 16 intero 14 ridotto, non residenti 18,50 e 15. Cumulativo Musei + mostra + Fidia residenti 25 intero 21 ridotto, non residenti 27,50 e 22. Gratis con la MIC Card. Per informazioni www.museicapitolini.org

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