Cinema da salvare
di Marco Pasquali
Dopo due settimane di trattative, alla Regione Lazio l’accordo sui cinema chiusi di Roma è stato trovato: le sale chiuse al massimo da dieci anni in data 31.12.24 non possono essere trasformate in supermercati, bingo, garage o ristoranti. La pressione dei produttori, dei distributori e degli esercenti e la mobilitazione di attori e registi ha portato a modificare la legge che prevedeva il cambio di destinazione d’uso delle sale ormai chiuse per sempre. “Per tutte le sale aperte e quelle che hanno chiuso negli ultimi dieci anni – ha detto Rocca, presidente della regione Lazio – rimarrà il vincolo, con della premialità. E una serie di vantaggi per chi invece ha il coraggio di investire nel cinema, cosa che noi continueremo a sostenere perché è un aspetto importante”. Traduzione: nello spazio originario della sala cinematografica potranno essere aperte attività di supporto come ristoranti, bar, librerie o altre attività commerciali. Conoscendo gli imprenditori, si può facilmente immaginare che al cinema vero e proprio saranno alla fine riservati 100 posti o 150 in due sale, come a suo tempo avvenne al cinema Trevi, ma prendiamo atto della realtà: i cinema chiudono perché la gente non va più al cinema, preferendo le piattaforme in rete sulle quali investono da anni proprio i produttori e i distributori. Il Covid poi fece il resto. Diciamolo, troppe sale sono state chiuse nel totale silenzio dell’opinione pubblica e quelle attive sono spesso vicino ai luoghi frequentati da studenti universitari. Si salveranno (in ordine alfabetico): Admiral, Ambassade, Cinestar Cassia, Europa, Fiamma, Galaxy, King, Maestoso, Reale, Royal, Roxy, Stardust al Torrino, Trevi, Ulisse. A memoria d’uomo, King e Stardust avevano chiuso da un anno o poco più. Teoricamente sarebbero 10.700 posti, ma con le premesse di cui sopra è irrealistico
pensare che venga mantenuto lo stesso numero dei posti, e le multisale finora hanno aumentato l’offerta ma costante è rimasto il numero degli spettatori, peraltro non sempre giovani. Faranno una brutta fine invece: Embassy, Empire, Moulin Rouge, Metropolitan, Avorio, Tristar, Pasquino, Roma, Missouri, Apollo, Delle Arti, New York, Paris, Apollo (ex Africa), America, Excelsior, Aureo, Volturno, Astra, Horus (ex Aniene), Palazzo, Preneste e Airone (chiuso dal 1978!). Sul centralissimo Metropolitan si discute da anni (un negozio monomarca affiancato da una sala da 100 posti). Il Fiamma invece riapre ora perché un imprenditore ha sbloccato la proprietà della sala. Due sale sono di proprietà del Comune di Roma: Apollo e Airone, per i quali serve un investimento di 7 milioni di euro. Erano tre, ma il Rialto ormai è integrato nell’UPTER, l’Università della terza età. Finora comunque Roma Capitale ha fatto poco o niente per le due sale disponibili, che potrebbero essere integrate con servizi di biblioteca o aule didattiche o espositive dove svolgere attività culturali.
Fatti i conti, la soluzione di compromesso viene incontro sia alla speculazione immobiliare e commerciale che alle istanze dei cittadini residenti. Si è evitata la distruzione di un terzo delle sale chiuse, e del resto una struttura abbandonata da venti o trent’anni costa meno demolirla che ristrutturarla secondo gli standard attuali. Ora però tocca alla gente far capire la soddisfazione per la soluzione politica. Come? Andando al cinema invece che vedersi pigramente un film in salotto.
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