Pubblicato: 18 marzo 2018 di admin in Spettacoli // 0 Commenti
di Cinzia Baldazzi e Adriano Camerini.
La Giornata Mondiale della Poesia diventa maggiorenne: istituita dalla XXX Sessione della Conferenza Generale Unesco, ha avuto la prima uscita ufficiale diciotto anni fa. Tra i numerosi eventi del 21 marzo in tutta Italia (tra cui S. Benedetto del Tronto, Bonito e Verona), segnaliamo due iniziative romane di rilievo.
Il Caffè Letterario Mameli27 annuncia un reading-concerto sotto il titolo “La Poesia è un atto di pace”. Dopo l’introduzione di Cinzia Baldazzi, critico letterario, Martina Michelangeli legge autori antichi e moderni: da Omero a Leopardi, da Dante a Shakespeare, da Catullo a Montale fino alla Merini (è del resto il suo compleanno: «Sono nata il ventuno a primavera / ma non sapevo che nascere folle, / aprire le zolle / potesse scatenar tempesta»). Alla voce e al pianoforte di Roberto Petruccio è affidato il compito di collegare i versi scritti ai testi dei più grandi cantautori italiani, con esecuzioni di De André, Vecchioni, De Gregori e Fossati (alle 20.00, via Goffredo Mameli, 27).
I Club per l’UNESCO di Roma e Terracina danno appuntamento nel pomeriggio alla Sala Conferenze della Biblioteca Nazionale Centrale. Con il coordinamento di Doriano Fasoli, critico e giornalista, intervengono Marcia Theophilo, poetessa e antropologa brasiliana; Luciano Luisi, scrittore e poeta; Dante Maffia, romanziere e saggista; Egone Ratzenberger, ambasciatore emerito della Repubblica Italiana; Rodolfo Carelli, già segretario e vicepresidente della Commissione Cultura della Camera; Antonio De Iudicibus, attore (alle 16,30, viale Castro Pretorio, 105).
Nella ricorrenza, riteniamo sia adeguato affrontare l’argomento della poiesis in sé attraverso l’affascinante mistero della sua creatività. Ma dobbiamo partire da lontano. Iniziamo, come omaggio, con il citare Giuseppe Cereda, assistente di storia del cinema alla Sapienza di Roma, poi dirigente televisivo: allo scopo di interpretare e analizzare un’opera d’arte filmica, spiegava la maggiore utilità implicita in un trattato di matematica rispetto a gravosi volumi di teoria cinematografica. Per chiarire meglio cosa intendesse, potrebbe risultare proficuo pensare anche a Pitagora: questo greco dell’antica Samo, matematico, taumaturgo, astronomo, scienziato, politico, per primo individuò l’efficacia del codice razionale numerico per illustrare la realtà fenomenica, patrimonio assoluto di ispirazione artistica comprensivo di ogni cliché letterario.
Pertanto, volendo celebrare, nella matrice esegetica proposta, l’insieme poetico nel cuore del suo spazio generativo, consideriamo i limiti sempre fluidi, reciproci o negoziabili tra la matematica pura e quella applicata: nell’una, i numeri sono articolati in totale integrità, nell’altra, viene sviluppato un continuum “applicativo” di mezzi e modelli adatti agli obiettivi di discipline distinte (fisica, chimica, informatica, biologia, ecc.) e della tecnica. Tale passaggio da una matematica alla successiva, sostiene il docente di cultura internazionale George Steiner, evoca una trasposizione strumentale validissima nel circuito della poesia. In effetti, gran parte delle tessere dei mosaici metalinguistici, incluso il versificare, sono “correlate”: cioè narrano, esaminano, traducono in un ritmare attento il complesso esistenziale, e faticano per migliorarne l’accoglienza, adottando forme e contenuti soggetti a una decodifica idonea.
Nei vari ambiti articolati, l’elaborato della scrittura conserva una radice, sebbene in ampia autonomia, realista: così, nell’orizzonte emblematico arcaico, persino un centauro niente è se non un torso umano impiantato sul corpo di un cavallo. Nel repertorio della letteratura, in primis nei tropi, nelle metafore e metonimie poetiche, trapela una struttura combinatoria, costituita da “gettoni lessicali”, morfologici e sintattici ereditati (lo suggerisce Steiner): vengono aggregati e ri-aggregati in sequenze esecutive e ricche di espressione (accostati alla maniera del calcolato “montaggio delle attrazioni” del cinema di Sergej Ėjzenštejn). In un simile arrangiamento combinatorio, le libertà sono vaste, benché non illimitate, in parallelo alla matematica applicata: nello scrivere, infatti, emergono ancora postulati e algoritmi convenuti da esplicare, ad esempio, le unità semantiche caratterizzate dai paradigmi epici, o dalla finzione allestita nella prosa.
In affinità alla norma numerica applicata, la poesia, secondo Steiner, «cataloga e alimenta la praxis umana (…). Le mappe della consapevolezza che essa disegna e la sua imitatio della condizione umana sono attive. Modificano il paesaggio». In seguito ai messaggi poetici, nulla è com’era prima: «C’è un nuovo eros dopo Dante, una politica approfondita delle relazioni umane dopo Shakespeare; la topografia della guerra è cambiata dopo Tolstoj».
La geometria algebrica all’altezza di gestire l’utilizzo dello spazio, le analisi organiche senza le quali la sociologia, l’economia e la tecnologia stessa sarebbero impossibili, forniscono ulteriori problematiche e iter inediti risolutivi di giorno in giorno, in sintonia con il meccanismo dei legami di natura dialettica tra testo e contesto, parola e mondo. Accanto a quella adibita alle tecniche incrementate in vari rami scientifici, del resto, la matematica pura, insieme alla musica, è forse il quesito supremo della nostra presenza, spesso così dubbia in questa sfera odierna assillata dal giusto in lotta con l’illecito, da assurdi ingombranti e persistenti, guerre o crudeli stragi.
Concludiamo con Bertolt Brecht, il quale, nel conflitto globale vissuto, ammoniva: «Beati quei popoli che non hanno bisogno di eroi», lasciando intendere, invece, quanto della poesia avessero necessità.
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