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Il treno di Pio IX

09  Tre ottobre 1839, Ferdinando II di Borbone inaugura la ferrovia Napoli-Portici, poco più di 7 km. a doppio binario che, per l’accuratezza del lavoro ingegneristico, sia riguardo alla linea ferroviaria in sé, sia riguardo al convoglio reale, elegante e rifinito (“nu babà”, scrive un cronista dell’epoca), diventa subito motivo di prestigio. Era la prima ferrovia sorta su territorio italiano e ad essa, 17 anni dopo, si aggiunse quella voluta da papa Pio IX, che aveva compreso le potenzialità del nuovo mezzo per modernizzare il paese (in Europa il sistema ferroviario datava già dal 1825).

  La prima linea fu la Roma-Frascati, 1856, 19 km., mentre più lunga, 73 km., risultò la Roma-Civitavecchia, 1859, alla quale seguì la Roma-Velletri-Ceprano, 1862. Il treno papale venne costruito su commissione delle Società “Pio Centrale” e “Pio Latina” da aziende francesi che ne fecero dono al papa e il viaggio inaugurale si svolse il 3 luglio 1859. Tre vagoni trainati da una locomotiva partirono dalla stazione di Porta Maggiore, allora capolinea ferroviario, raggiungendo lo scalo di Cecchina, dove Giovanni Maria Mastai Ferretti venne accolto con tutti gli onori.

  Ma era solo l’inizio, Pio IX voleva una rete che coprisse il territorio congiungendo i centri maggiori e così furono progettate e costruite la Roma-Ancona e l’Ancona-Bologna, poi le linee che penetravano in Umbria e fin verso il Po, ai confini dello Stato Pontificio (per Firenze ci fu una trattativa col Granducato di Toscana). E se il papa precedente, Gregorio XVI, diffidava della “novità” rappresentata dalle ferrovie, Pio IX amava invece viaggiare in treno per meglio avvicinare il suo gregge (ed è un paradosso, questo papa in fondo conservatore, che non aveva esitato a chiamare i francesi contro i romani nel 1849, si apre ai tempi nuovi. Ma, come ben sappiamo, di paradossi è piena la Storia).

  Eccolo il treno di Pio IX, tre carrozze trasportate da Palazzo Braschi alla Centrale Montemartini in Via Ostiense, rendendo ancora più suggestivo quel già fascinoso connubio fra archeologia industriale e archeologia intesa nel senso classico del termine. Complessi macchinari primo ‘900 si raffrontano a statue e mosaici della Roma dei Cesari, un contrasto dialettico molto particolare che, nel tempo, ha sollecitato la curiosità, così che oggi si registra un notevole aumento dei visitatori. Un trend in crescita che sicuramente avrà un’ulteriore impulso grazie all’esposizione del treno papale.

  Tre carrozze e quella che colpisce subito l’attenzione è il vagone a balconata, con una balaustra dalla quale si affacciava Pio IX per benedire, l’interno arredato in maniera sobria con tende e divani e l’esterno decorato con fregi ed una cornice a carattere floreale al cui centro figura lo stemma pontificio. Collegata con una piattaforma di raccordo è la vettura dove si trovano la Sala del trono ed il piccolo appartamento privato di Pio IX. Un contesto molto elegante, con comodi canapè alle pareti e la tappezzeria di preziosa fattura, ove dominano le tonalità del bianco e del giallo dorato, i colori papalini. Al centro il trono sormontato dallo stemma pontificio.

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  Ma è senz’altro la terza carrozza, dove si trova la cappella papale, quella più appariscente. Costruita in Francia su progetto di Emile Trelat, professore dell’Imperiale Conservatorio parigino di arti e mestieri, costò ben 140mila franchi, una somma enorme per l’epoca. E il risultato fu una vettura decisamente sontuosa, all’esterno coperta da un rivestimento di rame argentato e dorato e da rilievi e sculture con tre angeli per parte (le tre Virtù Teologali: Fede, Speranza e Carità) e, all’interno, fregi e pitture, con scene di benedizioni papali dipinte nelle vele della volta della Cappella. Dei tondi eseguiti sono esposti in sala la Vergine con Bambino e il Buon Pastore, opere di Jean Léon Gérome, mentre i medaglioni con i dodici apostoli si sono perduti. E, come corollario, lo stemma in rame su supporto ligneo di Pio IX, un tempo decorazione frontale della locomotiva, ed un modellino in scala di treno a vapore in legno e metallo del secondo quarto del XIX secolo donato da una compagnia ferroviaria britannica a papa Gregorio XVI. Aveva il fine di spronarlo alla costruzione di strade ferrate nello Stato della Chiesa ma, come già detto più sopra, Bartolomeo Alberto Cappellari non amava molto quella “novità” su ruote.

  Trasportare la vettura a Roma fu un’impresa. Caricata su una chiatta percorse i canali, la Saona e il Rodano fino a Marsiglia, dove via mare raggiunse Civitavecchia e infine, risalendo il Tevere, approdò a Ripa Grande. E grande fu la meraviglia dei romani, uno stupore che coglie il visitatore ancora oggi, innanzi a questo colorito frammento della nostra storia.

 “La Sala del treno di Pio IX”, alla Centrale Montemartini, Via Ostiense 106, da martedì a domenica h.9-19, biglietto intero euro 7,50, ridotto 6,50. Per informazioni 060608 e www.centralemontemartini.org

L’iniziativa è promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale-Sovrintendeza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

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